Mafia Capitale, il primo politico in udienza
è l'ex assessore alla Casa Ozzimo

Mafia Capitale, il primo politico in udienza ​è l'ex assessore alla Casa Ozzimo

di Davide Manlio Ruffolo
Inizia oggi il processo, che si celebrerà con il rito abbreviato, nei confronti dell'ex assessore comunale di Roma Daniele Ozzimo, rimasto coinvolto nella maxi inchiesta su Mafia Capitale. Si apre oggi una settimana calda per l'inchiesta.





L'ex responsabile per le politiche della Casa, assieme ad altre quattro persone, dovrà difendersi dall'accusa di corruzione. Con lui, a sedere sul banco degli imputati, ci saranno Massimo Caprari (consigliere comunale di Centro Democratico), i fratelli Gerardo e Tommaso Addeo (collaboratori di Luca Odevaine) e Paolo Solvi (collaboratore dell'ex presidente del X Municipio, Andrea Tassone). A giudicare i 5 imputati, in questo stralcio di Mafia Capitale, sarà il giudice per le udienze preliminari Alessandra Boffi. Un procedimento in cui figurano, in qualità di parti offese, il Comune di Roma, la Regione Lazio e il Consorzio Calatino Terra d'accoglienza.



Lo stesso gup Alessandra Boffi, terminata quest'udienza, sarà chiamato a decidere in merito alle proposte di patteggiamento presentate, la scorsa settimana, dai legali dei quattro ex dirigenti della cooperativa La Cascina e, per le quali, la Procura ha già dato il “via libera”. Si tratta degli ex manager Francesco Ferrara, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita, finiti nell'inchiesta sull'organizzazione criminale gestita dal boss Massimo Carminati.



Le pene concordate nei confronti dei 4 ex manager, su cui è chiamato a decidere il gup, vanno dai 2 anni e 8 mesi previsti per Francesco Ferrara ai 2 anni e 6 mesi previsti per gli altri tre imputati. A loro, i pubblici ministeri Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, contestano il reato di corruzione nei confronti di Luca Odevaine (all'epoca dei fatti appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale) con la finalità di ottenere l'appalto per la gestione del Cara di Mineo. Proprio in relazione a questo episodio, gli imputati hanno messo a disposizione della Procura, che ne ha disposto il sequestro, 400mila euro, ovvero la cifra equivalente alla corruzione a loro contestata.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Ottobre 2015, 09:08
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