Si infiamma il fronte col Libano
E Israele critica la Santa Sede

L’ambasciata contro Parolin che ha definito «sproporzionata» la risposta alla strage di ottobre

Si infiamma il fronte col Libano E Israele critica la Santa Sede

di Giammarco Oberto

Mentre nel Sud della Striscia l’Idf si prepara ad entrare a Rafah, anche la frontiera nord di Israele è sempre più un campo di battaglia. Ieri le sirene di allarme sono tornate a suonare nei territori al confine con il Libano. Una pioggia di razzi degli Hezbollah filo iraniani si è abbattuta contro basi militari israeliane nella profondità territoriale della Galilea, quella di Merom e quella di Safed. Il bilancio è di una soldatessa uccisa e di otto feriti.

«Questi non sono attacchi intermittenti, è guerra» ha dichiarato sul social X il ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir. E il ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz: «Abbiamo vissuto un evento difficile e risponderemo subito con forza. Il governo libanese è responsabile». La ritorsione è stata immediata: l’Idf ha lanciato una serie di attacchi aerei nel sud del Paese dei cedri. «L'aviazione israeliana ha colpito una serie di obiettivi Hezbollah nelle aree di Jabal el Braij, Houneh, Dunin, Aadchit, e Souaneh - ha detto il portavoce militare Daniel Hagari - abbiamo centrati compound militari, centri di controllo operativi e strutture terroristiche usate dai terroristi di Hezbollah». I morti dei raid aerei sono quattro, i feriti 11. La protezione civile libanese però parla di vittime civili: una donna e i suoi due figli, uccisi a Souaneh, e un’altra persona ad Aadchit.

Intanto al Cairo proseguono - e andranno avanti per altri tre giorni - i negoziati per risolvere la questione ostaggi. Il presidente palestinese Abu Mazen ha lanciato un appello ad Hamas: «Completi rapidamente l'accordo sugli ostaggi per risparmiare al nostro popolo il flagello di un'altra catastrofe dalle conseguenze minacciose, non meno pericolosa della Nakba del 1948». È imperativo - ha detto Abu Mazen - «evitare l'attacco alla città di Rafah, che causerà migliaia di vittime, sofferenze e sfollamenti».

Proprio intorno al tributo di sangue pagato dai civili a Gaza si sta aprendo una frattura diplomatica tra Israele e il Vaticano. L'ambasciata di Israele presso la Santa Sede ieri ha criticato il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che il giorno prima ha parlato di una risposta «sproporzionata» di Israele rispetto all'attacco di Hamas del ottobre. «È una dichiarazione deplorevole» è la nota l'ambasciata. Il Vaticano ha replicato con un editoriale sull’Osservatore romano: «Per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime. E dunque per gli israeliani massacrati il 7 ottobre come per i civili innocenti — un terzo dei quali bambini — uccisi dai bombardamenti a Gaza. Nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un danno collaterale della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina».

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 15 Febbraio 2024, 06:00