Lezioni di Storia / La politica degli opposti e la cultura dimenticata


di Francesco Grillo

Alcune delle migliori università europee chiedono agli studenti che partecipano agli esami di ammissione, di riportare il voto conseguito alla fine del terzo e del quarto anno di scuola superiore in quattro materie: tra di esse c’è sempre Storia (insieme a Matematica) ed è un segnale del tempo che viviamo. La convinzione è che studiare da dove veniamo sia fondamentale per capire meglio in quale futuro ci stia portando un presente velocissimo; ma anche per riuscire meglio a collocare la propria esistenza in una vicenda più ampia e raggiungere equilibrio. La Storia ridiventa “maestra di vita”, proprio però quando i politici sembrano averne smarrito il senso. Visto che la utilizzano come clava per colpire l’avversario e provare a consolidare identità sbiadite. Succede in Italia, ma anche a livello planetario per giustificare guerre senza giustificazione. Sia a Destra che a Sinistra. In un mondo che delle ideologie ha conservato solo simulacri vuoti.
Un fantasma agita i salotti televisivi italiani. Anzi due. Perché se la Sinistra accusa Fratelli d’Italia di non essersi mai liberati della fiamma tricolore che fu simbolo di un partito (il Movimento Sociale Italiano) fondato dai reduci del Partito Nazionale Fascista (anche il Partito Democratico di Sinistra fece in tempo ad avere un presidente del consiglio prima di togliere dal proprio logo il richiamo del Pci); la Destra risponde rimproverando “ai partigiani comunisti di non aver voluto un’Italia libera e democratica”, dimenticando che furono uomini del Pci a presiedere l’assemblea costituente. Ma non è solo in Italia che si consuma questo bizzarro tentativo di reciproca delegittimazione: ad un livello molto più drammatico, Putin farnetica che a Kiev ci siano nazisti; ma la tesi – uguale e contraria – che Putin sia erede dell’Unione sovietica deve aver agitato nella tomba non solo Gorbaciov ma, persino, Stalin. L’abuso della Storia produce due grossi problemi. Il primo è che nessuno dei protagonisti accusati di “fascismo” o “comunismo” ha a che fare con quelle ideologie. Il secondo è che queste parole vuote finiscono con il promuovere un’ignoranza velenosa in un Paese che invece dovrebbe subito ricominciare a studiare. Non può, infatti, essere definito “neofascista” un Partito che oggi è alleato fedele di quel Paese – gli Stati Uniti – che del fascismo provocò la sconfitta definitiva. Persino più ridicolo è accusare di ideologia un Pd che si è talmente de-ideologizzato (forse per essere nato dalla convergenza mai spiegata tra cattolici ed ex comunisti) da risultare trasparente. Deliranti sono le accuse di nazismo che la propaganda russa rivolge ai propri avversari; ma è ugualmente infondata l’idea che la Russia attuale – in mano a oligarchi che si cibano di solo gas – abbia qualcosa a che fare con un regime che si nutriva di repressioni di massa, ma anche di sogni diventati incubi e di scienza.
E, tuttavia, aldilà degli errori che il Presidente del Senato La Russa ha avuto il coraggio di ammettere, le strumentalizzazioni rilevano un altro più grande problema. Ha torto, infatti, la Schlein a liquidare chi le chiede se è comunista, rispondendo che quella storia è finita prima che potesse approdare alla scuola elementare. In realtà, fu un errore togliere dai corsi di laurea lo studio del marxismo perché dell’ambizione di certi pensatori dell’Ottocento di concepire una visione sistemica del mondo, avremmo oggi bisogno di fronte a trasformazioni tecnologiche di cui percepiamo solo i sintomi. E dovremo trovare il coraggio di ammettere che neppure il fascismo (che, peraltro, con il socialismo condivide radici) è il male assoluto: risale, ad esempio, al ventennio l’ultima vera visione urbanistica di Roma che nessuno ha mai proposto di cancellare nei simboli dell’eur o dell’Olimpico; e fu il filosofo-ministro Gentile a concepire la riforma della Scuola italiana che ebbe il merito di fare dei Licei quello che è stato uno dei vantaggi competitivi dell’Italia per un secolo. Per capire cosa è l’intelligenza artificiale sarebbe assai utile rileggere ciò che Marx prevedeva dell’impatto degli automi sul lavoro e come i futuristi immaginavano l’impatto delle tecnologie su ogni forma di linguaggio. Fu Cicerone a spiegare con la massima efficacia perché duemila anni dopo, le migliori università avrebbero chiesto a chi si candida a guidare aziende e governi di trarre lezioni da una Storia che è “maestra di vita”. Il problema del nostro tempo è che nei salotti televisivi è stata quasi eliminata la capacità di pensare. L’emergenza vera è entrare nel futuro riappropriandoci di quel valore dello studio che definiva la società italiana. Ed europea.
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Aprile 2023, 00:07
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