SPOLETO - Da quasi un mese il San Matteo è Covid Hospital, ma tra i pazienti positivi residenti sul territorio, c’è anche chi è costretto a percorrere più di 100 chilometri in ambulanza per beneficiare di un “intervento tempestivo”, non sempre provvidenziale. Nel rigore dei numeri, ma soprattutto nella relatività della loro diffusione (ogni azienda sanitaria o ospedaliera adotta un metodo differente), c’è un dato che salta all’occhio. Negli ultimi quattro giorni, nell’ospedale di Città di Castello, risultano deceduti ben tre anziani di Spoleto e un quarto di Trevi, tutti affetti da Covid-19. E, se la geografia non incide certamente sul triste epilogo, viene da chiedersi: perché in situazioni già di per sè complesse i pazienti vengono ricoverati così lontano? Qual è il criterio di smistamento? I racconti degli spoletini che in questi giorni hanno perso i propri cari in Altotevere sono quasi sovrapponibili: “Ci hanno detto che a Spoleto non c’era posto”. Nella girandola dei dati, va chiarito, mancano molti indicatori. Ma stando ai decessi degli ultimi giorni e considerato che nella dashboard regionale gli spoletini deceduti per Covid-19 risultano complessivamente 12 dall’inizio dell’emergenza, la percentuale è la seguente: uno spoletino su quattro, e soltanto negli ultimissimi giorni, è morto a Città di Castello (il 25%). Un dato astrattamente imputabile, secondo la spiegazione fornita ieri dal direttore sanitario della Asl 1, Massimo D’Angelo, alla mancanza di posti letto a Spoleto.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 20 Novembre 2020, 15:29
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