Coronavirus, Ranieri: «Prima del calcio, riparta il paese. I tamponi servono ai cittadini, non ai calciatori»

Coronavirus, Ranieri: «Prima del calcio, riparta il paese. I tamponi servono ai cittadini, non ai calciatori»

di Enrico Chillè
Una voce fuori dal coro nella serie A che vorrebbe terminare a tutti i costi la stagione nell'emergenza coronavirus. È quella di Claudio Ranieri, allenatore della Sampdoria che quattro anni fa compiva l'impresa col Leicester campione d'Inghilterra. Il tecnico romano ha infatti spiegato: «Tutti noi vorremmo ricominciare, ma serve prudenza. Prima del calcio, dovrebbe ripartire il paese».

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In un'intervista al Corriere della Sera, Claudio Ranieri ha predicato cautela: «Ciascuno di noi avrebbe voglia di tornare sul campo. Ma questo è il momento della prudenza. Nessuno sa come reagisce il virus sul fisico di un atleta e se dovesse succedere qualcosa di grave chi se ne assumerebbe la responsabilità?. Io vorrei spazzare via ogni incertezza, sono d'accordo con chi dice che la stagione va finita, ma nei termini e nei modi giusti: la salute viene prima di ogni altro interesse».

Il tecnico della Samp, che tra calciatori e staff ha registrato ben nove contagiati, ha parlato del futuro della serie A: «Non bisogna ripartire perché dobbiamo, ma farlo quando siamo certi che tutto andrà bene.
Nel momento in cui gli ospedali non saranno più ingolfati e i test accessibili. Gli interessi della comunità vengono prima di quelli del calcio. Altrimenti significa prendere in giro gli eroi che ogni giorno lottano per noi
». Una delle ipotesi è ricominciare anche ad agosto, Claudio Ranieri la vede così: «È un'ipotesi. Non so se quella giusta e non so se si può fare. Di sicuro non vedo perché si debba correre adesso con tutte le problematiche e i rischi che ci sono. Dopo una sosta così lunga avremo bisogno di almeno sei settimane per verificare che tutto sia sotto controllo».

L'unica cosa certa è che non ci sono certezze, specialmente sulle date. «Ci sono ancora troppi morti e troppi contagiati per ricominciare. Il nostro è uno sport di contatto, siamo una delle industrie più a rischio e non vorrei che la fretta ci portasse a commettere degli errori» - spiega ancora Claudio Ranieri - «Trovo giustissimo fare tamponi e test sierologici, ma ora c'è chi ne ha più bisogno di noi. Il calcio non può scavalcare i cittadini, non sarebbe giusto né etico. Ho amici che si sono ammalati e non sono riusciti a fare il tampone perché mancano i reagenti. In più, c'è anche tanta incertezza sui testi sierologici: solo il 29 aprile il governo dirà quale fare. Ci sono giocatori chiusi in casa da quasi due mesi, soli e lontani dalla famiglia, tra un po' parlano con i muri... Io non posso portarli in ritiro per un altro mese con la prospettiva di tenerli isolati anche durante le partite, sarebbero quattro mesi di clausura e non è credibile».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Aprile 2020, 15:28

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