Pietro Sermonti in "Uno di famiglia": «Io e la donna boss criminali da ridere»

Pietro Sermonti in "Uno di famiglia": «Io e la donna boss criminali da ridere»
Alessandra De Tommasi
RICCIONE - «Non sono più un uomo perbene». Pietro Sermonti sa come fare un'entrata ad effetto. E a Cinè, le Giornate professionali di Cinema di Riccione, anticipa così il suo prossimo, rocambolesco personaggio, Luca. Nella commedia Uno di famiglia (il 22 novembre in sala per Warner Bros.) interpreta infatti un uomo integro che scivola verso il lato oscuro. Non ha i geni del maschio alfa, ma la vita lo pone di fronte a una serie di avventure che metteranno a dura prova la sua indole da buon samaritano. Diretto ancora da Alessio Maria Federici, dopo Terapia di coppia per amanti, mette in scena anche una specie di gioco di specchi con il suo passato, proprio attraverso le frustrazioni da attore mancato del suo personaggio. L'ex protagonista di Boris e Un medico in famiglia, in effetti, in passato ha ispezionato varie carriere, sognando di diventare prima calciatore e poi prof di storia.
Sermonti, chi è il suo Luca?
«Una brava persona ma anche un pavido che si ritrova alle prese con un boss donna della ndrangheta, Angela Della Morte, ossia Lucia Ocone, decisa a tutti i costi di saltargli addosso».
Com'è possibile che un cittadino ligio al dovere si trovi colluso con la mafia?
«Succede quando in maniera fortuita lui salva la vita del nipote del boss e in cambio riceve favori e benefit a non finire. Per esempio si ritrova mazzette di soldi in tasca e bollette saldate».
Cosa aggiunge alla storia una boss donna?
«Le molestie!»
Nell'epoca del #metoo è un atto di coraggio mostrare in chiave leggera una donna predatrice?
«Il grande talento di Lucia Ocone è di riuscire a non scadere mai nella macchietta e peraltro con la difficoltà aggiuntiva di dover recitare con cadenza calabrese. È ironico invece che io interpreti un esperto di dizione visto che non lo sono affatto».
Nessuna paura di strumentalizzazione del tema?
«Il regista ha detto che non siamo davanti a una mitizzazione della criminalità e sono d'accordo. E ha aggiunto a ragione che però fa bene togliersi qualche sassolino dalla scarpa».
La maggior soddisfazione di questo set?
«Essermi esercitato su una comicità di situazione, che è legata più a quello che accade che alla parola stessa. Per tutto il tempo mi sono infatti ritrovato sul set con la testa quasi incassata tra le spalle, quasi annichilito dallo stupore di tutte le situazioni surreali che il personaggio si trova a fronteggiare».
Compresi le scene da inseguimenti alla Fast & Furious?
«Soprattutto in quelli».
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Luglio 2018, 09:00
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