Addio a Francesco Nuti, il talento spezzato del cinema italiano

L'attore e regista aveva 68 anni

Addio a Francesco Nuti, il talento spezzato del cinema italiano

di Totò Rizzo

Il “malincomico” non c’è più. Francesco Nuti è volato via alleggerendosi da un peso di tristezza infinita, epilogo di una parabola baciata prima dal successo e poi deviata nel cocciuto dissiparsi di sé, aggravato dallo sgambetto di un destino bastardo. È morto a meno di un mese dal suo compleanno, 68 compiuti, gli ultimi 17 trascorsi nel dolore mestamente rassegnato o rabbioso fino al ringhio per una sorte ingenerosa. Eppure, al di là della malattia che lo aveva costretto a scomparire dalla scena, lascia traccia di un genio da commediante di smalto, che filtrava la realtà nei suoi aspetti surreali, tra cinico sarcasmo (da buon toscano di Prato) e bagliori di umanità in filigrana.
Cresciuto nella Toscana “rossa”, l’esordio nel cabaret col trio dei Giancattivi (gli altri: Alessandro Benvenuti e Athina Cenci) lanciato verso la popolarità tv nel 1977 da “Non stop” che battezzò anche Troisi e Verdone. Il debutto al cinema coi sodali di scena (“Ad Ovest di Paperino”), poi ognuno per sé. Nuti “adottato” da Maurizio Ponzi che firmò la prime commedie che lo videro autore e protagonista: “Madonna che silenzio c’è stasera”, “Io, Chiara e lo Scuro”, “Son contento”. Poi passò dietro la cinepresa: “Tutta colpa del Paradiso”, “Stregati”, “Caruso Pascoski di padre polacco”, “Willy Signori e vengo da lontano”, “Donne con le gonne”. Per tutti gli anni 80 e fino all’alba dei 90, sale affollate, incassi record, premi. Al suo fianco partner bellissime: De Sio, Muti, Ferrari, Bouquet, Burt. La popolarità era tale che assecondò la sua vena musicale partecipando a Sanremo con “Sarà per te”.
Tanto veloce l’ascesa quanto celere la caduta che accompagnò pellicole malriuscite, storie velletarie, personaggi sfocati (“Occhiopinocchio”, “Il Signor Quindicipalle”, “Io amo Andrea”). Da qui la depressione e la fiaschetta di whisky biglietto di sola andata nel viaggio dello sciupìo di sé.
Nel 2006 una caduta accidentale a casa lo costringe, dopo mesi di coma, a un’esistenza non più autonoma e la situazione si aggrava per una nuova caduta, dieci anni dopo.

Un lungo calvario di ospedali, centri di riabilitazione, convalescenze, accudito dall’amore assiduo del fratello Giovanni e della figlia Ginevra. Per 17 anni. Gli applausi solo un’eco lontana.


Ultimo aggiornamento: Martedì 13 Giugno 2023, 06:00
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