«Abbiamo smesso di dormire, mangiare, respirare. Pensiamo sempre ai nostri cari. E alla nostra terra». Un supplizio, queste ore, per le tante donne ucraine residenti a Roma, qui per lavoro ma lontane dagli affetti, appese alle notizie e ai racconti dei familiari. Alina Butsiah è preoccupata per il figlio, lavora a Kiev 14 giorni al mese come fabbro «non riusciva più a tornare, gli autobus non ci sono, mentre li aspettava sono suonate le sirene e sono andati tutti a nascondersi sotto la metro. Dice che lì è un casino. Oggi è scappato, ieri non trovava niente: file di centinaia di persone per i treni, autobus soppressi, è tornato in macchina con amici». Abita vicino Leopoli, in montagna, «siamo un po' più protetti? Chissà. Maledetti, a 70 chilometri da noi c'è l'aeroporto e l'hanno bruciato, come pure i depositi di armi». Chi ha i bimbi piccoli si è allontanato, chi sulle montagne, chi in Polonia, chi in Slovacchia. «La vita non è più bella, siamo spaventati, in Ucraina ho mia madre, i miei figli, mia nuora: non sono al sicuro Putin vuole che non esista più la nostra terra, andranno pure là, perché nelle nostre zone siamo tra i più nazionalisti. E io non ho il permesso in regola da due anni, altrimenti partirei, che sto a fare qui? Almeno sto con la mia famiglia». Non è l'unica che vuole andare a casa. Perché i familiari, specie gli uomini, non vogliono scappare, «vogliono restare e combattere». Piangeva ieri Oksana sotto la statua di Marco Aurelio, «mia figlia Lilia anche non è voluta tornare, fa l'avvocato. E il mio nipotino Alexandro mi ha detto: voglio diventare grande per combattere...». Non è l'unica donna che ha questo problema. Tania racconta che il suo giovane figlio, residente in Italia fino a 18 anni, ora in Ucraina con moglie e figli, non ha intenzione di rientrare: «Non si vuole tirare indietro, non vuole scappare, io mi sto muovendo con la Farnesina invano per capire come fare...». E poi c'è Oksana che piange e prega tutto il giorno. «Perché la mia famiglia è tutta lì, sentono le sirene, le bombe, vanno a nascondersi sotto il palazzo. Non vogliamo la guerra, siamo poverini, non attacchiamo nessuno, siamo gente che va a lavorare e ha scelto di farlo anche lontano».
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«SIAMO SOTTO CHOC»
La voce di Olga trema, fa fatica a trattenere le lacrime, «siamo sotto choc, sotto pressione da otto anni, sono cresciuta sotto il regime, ora vogliamo vivere tranquilli come voi italiani, in pace sulla terra nostra. Ora Putin se la vuole prendere tutta, vuol essere uno zar nel 2022». Ha figli e nipoti in un paese non lontano da Leopoli, «gli aerei russi volano sulle loro teste. Mia nuora piange, vorrebbe andar via con i piccoli di 6 e 3 anni, ma mio figlio dice: Mamma con quale coscienza lascio il mio paese? Devo proteggere la mia terra e la mia famiglia. Io sono orgogliosa che tanti giovani stanno tornando per difendere la loro terra, è nostra e nessuno deve distruggerla».
PRIME MINACCE
«Noi siamo i figli dell'ex Urss, abbiamo vissuto tante trasformazioni, il patriottismo per noi è come il latte della mamma, siamo sempre stati orgogliosi di essere russi, ma quando abbiamo saputo dell'invasione dell'Ucraina abbiamo pianto: siamo sotto choc».
La chiesa è frequentata da molti ucraini e moldavi. «La religione unisce». Due giorni fa il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha scritto in un messaggio di essere «profondamente empatico con tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia». Ma la comunità russa ora ha paura per l'odio che potrebbe travolgerli. Una testimonianza? L'Associazione Culturale Matrioska a San Paolo è tempestata da telefonate di minacce e di odio. «Ma io sono armeno - dice il responsabile Gagik, 44 anni, da 23 in Italia - noi siamo specializzati nella cucina dei paesi dell'ex Urss, io condanno la guerra, L'Europa ha lasciata sola l'Ucraina: sono esausto perché ci scambiano per russi e oggi stesso chiamo il commercialista per far cambiare nome all'associazione». E aggiunge: «Quando l'Azerbaigian ha invaso l'Armenia nessuno ne ha parlato, perché ci sono interessi: ci sono ancora 200 prigionieri». Un messaggio di unione arriva da Milano dove ha sede l'Alleanza mondiale delle donne russofone che ha progetti in tutta Italia e anche a Roma se c'è bisogno. «Aiutiamo le donne di 21 Paesi, ci sono anche ucraine e russe, lottiamo contro la violenza sulle donne, diamo assistenza legale, aiutiamo in caso di crisi familiare - dice Tatiana Tchouvileva, russa, di Mosca, 69 anni - aiutiamo tutte e continueremo a farlo, tra le donne c'è più solidarietà».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Ottobre 2022, 18:12
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