Dopo aver vissuto un anno da incubo, vittima di uno scambio di persona e per questo perseguitata nel cuore della notte dai video hot di un uomo che nemmeno conosceva, la giustizia non le ha dato risposta. Martedì scorso il tribunale di Roma ha emesso una sentenza di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione, per soli pochi giorni, nei confronti di M.L., l’avvocato del foro di Latina (già sospeso da diversi mesi dalla professione), accusato di averla stalkerizzata.
LA SENTENZA
«Bevevo una bottiglia intera di whisky e prendevo diversi psicofarmaci e benzodiazepine, poi iniziavo a chiamare oppure a inviare video e messaggi a sfondo sessuale. Ero depresso vostro onore». Ha cercato di giustificarsi in aula il 60enne. Il bello è che la donna che molestava non era nemmeno la sua ex, ma una sua omonima. In preda probabilmente a uno stato psicofisico alterato, aveva sbagliato “obiettivo”. Paola (nome di fantasia) non si è mai persa un’udienza. Rappresentata dall’avvocato Cinzia Roberti, era presente anche martedì e ha accolto amareggiata il verdetto, dopo aver vissuto un incubo lungo un anno, dal 2013 al 2014. «Ricevevo chiamate e messaggi in continuazione. Quando ero in famiglia, durante gli orari di lavoro e addirittura mentre ero in compagnia di mio figlio che all’epoca aveva solo due anni», aveva raccontato in aula.
LA VICENDA
Il legale, originario di Preci, piccolo comune della provincia di Perugia, l’avrebbe perseguitata giorno e notte ininterrottamente facendo crescere ansia e angoscia per una situazione diventata improvvisamente incontrollabile. «Mi ricordo che è iniziato un giorno qualunque, senza un’apparente motivazione - aveva riferito Paola - Quando ho ricevuto le prime chiamate da un numero sconosciuto ho risposto tentando di spiegare che non ci conoscevamo e che probabilmente aveva sbagliato persona».
IL RACCONTO
«E così è iniziato tutto - aveva racconta la vittima in aula - Mi mandava messaggi a sfondo sessuale, schifosi. E poi ricevevo video erotici in cui lui mostrava le parti intime». Paola è una professionista, dedita al lavoro e alla famiglia, con un figlio all’epoca di due anni. La vergogna e l’imbarazzo per quelle immagini raccapriccianti che ogni giorno vede comparire sul suo cellulare iniziano a diventare insostenibili. Blocca il contatto ma decide di non cambiare numero di telefono per motivi lavorativi. «Per qualche settimana c’è stata una pausa. Il telefono aveva smesso di vibrare e non ho più ricevuto video o sms nel cuore della notte», ma poi l’incubo ricomincia da numeri anonimi. La donna inizia ad essere seriamente spaventata anche perché non sapendo riconoscerlo ha paura che l’uomo possa presentarsi da un momento all’altro in ufficio o addirittura sotto casa. «L’imputato ha giustificato il suo comportamento - ha commentato l’avvocato Cinzia Roberti a margine della sentenza - dicendo di essere sotto i fumi dell’alcol e di non ricordare ciò che stava facendo. Una tesi che non regge. Impossibile che il giorno dopo non si accorgesse dei messaggi, dei video e delle chiamate fatte. Purtroppo noi sui tempi della prescrizione non possiamo proprio incidere».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Aprile 2024, 14:25
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