Adriano Giannini: «Ora sogno la regia e un film con papà, ma non trovo il produttore»

Parla l’attore, figlio di Giancarlo, nel cast di “Sei fratelli”, in sala il primo maggio. Con lui Riccardo Scamarcio «Il mio ruolo? Il paciere in una famiglia litigiosa. Mi piacerebbe girare un lungo, ma non trovo il produttore»

Adriano Giannini: «Ora sogno la regia e un film con papà, ma non trovo il produttore»

di Gloria Satta

Lo avevamo lasciato nella Roma incandescente del crimine, carabiniere corrotto ma anche padre esemplare, nell’adrenalinico noir Adagio di Stefano Sollima. E in Supersex, la serie su Rocco Siffredi disponibile su Netflix, ha interpretato il fratellastro del pornodivo. Ritroviamo ora Adriano Giannini al cinema tra i protagonisti di una commedia corale ad alto tasso di conflittualità incentrata su una litigiosissima famiglia allargata: Sei fratelli, regia di Simone Godano (sarà in sala il primo maggio), nel cast anche Riccardo Scamarcio, Valentina Bellé, Gabriel Montesi, Linda Caridi, Antonella Ponziani, Gioele Dix, Claire Romain, Mati Galey. 
Il film parte dal suicidio di un uomo, carismatico quanto spericolato, che lascia sei figli concepiti con madri diverse e divisi da antichi risentimenti. Questi non si frequentano e, costretti a rivedersi per gestire l’eredità, continuano a litigare rinfacciandosi antichi errori e rancori mai sopiti, tra scoperte e ripensamenti. 
Se qualcuno pensa alle mitiche famiglie esasperate di Muccino, Godano prende le distanze: «La nostra è una storia diversa», spiega il regista, «Gabriele è un maestro, ma per me pesano di più le cose nascoste. Il film racconta il viaggio di alcune persone sole che hanno bisogno di avere qualcuno accanto». Giannini, 52 anni, gli occhi inguaribilmente buoni e una carriera sempre più solida, interpreta Guido, l’unico dei sei che non cerca lo scontro. 

Perché? 

«Si è assunto la funzione di paciere, cerca di assorbire i conflitti per fare da collante ai fratelli. Ma poi lascia uscire i propri demoni e si dimostra per quello che è: una persona irrisolta. Mi è piaciuto prendere parte a questa commedia che ha una forte densità emotiva e un linguaggio visivo inedito, quasi non sembra un film italiano».

Anche lei nella vita cerca di evitare lo scontro? 

«Quando interpreto un personaggio non cerco mai di capire se abbia dei punti di contatto con me, mi basta apprezzare il copione. Ma Guido mi somiglia: anch’io non amo il conflitto. Magari per pigrizia, preferisco essere accomodante».

E nel super-competitivo mondo del cinema non è uno svantaggio? 

«Io non sono mai stato combattivo. Nel nostro ambiente di competitività ce n’è tanta ma io incontro sempre più attori che si comportano come me. Chi sgomita forse arriva prima, invece noi vogliamo arrivare per restare».

Come mai, malgrado la sua mitezza, interpreta spesso e volentieri delle carogne?

«Proprio perché i miei occhi buoni possono spiazzare lo spettatore.

Ma per fare il cattivo in Adagio, Sollima mi ha messo delle lenti a contatto scure». 

Da “Travolti dal destino” girato accanto a Madonna a “Le conseguenze dell’amore” di Sorrentino fino a “Tre piani” di Nanni Moretti, ha costruito una carriera di qualità: cosa la motiva oggi a girare un film?

«A parte la validità del copione e del regista, io scelgo un lavoro in base ai rapporti umani che penso di poter stabilire sul set: i film passano, le relazioni con gli altri rimangono». 

Che aspetta a debuttare nella regia come tanti suoi colleghi attori? 

«Ho già diretto due corti e da un bel pezzo sarei pronto a passare al lungometraggio. A dire la verità ci ho provato in passato ma non è andata, le mie storie non sono piaciute».

Ha saputo il perché? 

«I produttori le hanno giudicate difficili da finanziare». 

Pretendeva di girare dei kolossal? 

«Ma no, figuriamoci. Avevo proposto delle storie semplici con una poetica complessa. E quando ho incassato il no mi sono arreso mentre avrei dovuto resistere. La voglia di fare il regista mi è passata per un po’, ma ora è tornata prepotente».

È un momento buono secondo lei per il cinema italiano?

«Non mi pare proprio, i dati sono allarmanti. I film incassano sempre meno, specie quelli d’autore, ma la responsabilità è di tutti noi: bisogna impegnarsi al massimo».

E come mai “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi ha incassato 37 milioni?

«Quel film è un caso a sé, il suo successo eccezionale non fa testo. A parte l’argomento indovinato, Paola lo ha preparato con il massimo scrupolo ed è arrivata sul set con le idee chiare e i collaboratori giusti».

Da una vita assicura di essere sempre andato d’accordo con suo padre, il grande Giancarlo Giannini: ma un film insieme lo avete messo in programma?

«Mi sono già trovato sul set con papà quando facevo l’operatore e riunirci oggi che sono un attore mi piacerebbe. Ma temo che insieme finiremmo per divertirci troppo, faremmo insomma troppo casino». 


Ultimo aggiornamento: Sabato 20 Aprile 2024, 00:57
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