Cantone: "Mafia Capitale? Colpa degli appalti
senza gare". Gabrielli: "Rivedere il 5% alle coop"

Cantone: "Mafia Capitale? Colpa degli appalti ​senza gare". Gabrielli: "Rivedere il 5% alle coop"

di Davide Manlio Ruffolo
«Ci sono appalti che possono essere dati per legge anche senza gara, ma noi abbiamo verificato che molti sono stati assegnati in questo modo anche se non c'erano i presupposti». Così il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, ha descritto il sistema che ha trasformato la città di Roma in un «porto franco degli appalti».





Per il presidente, in merito a quanto descritto nel report stilato dall'agenzia, «non tutti gli appalti irregolari sono necessariamente oggetto di corruzione ma quello stesso sistema di illegalità ha finito per favorire meccanismi corruttivi». Sotto i raggi x dell'authority, il periodo compreso fra il 2011 e il 2014 in cui si sono succedute le amministrazioni di Gianni Alemanno e di Ignazio Marino. Quattro anni in cui l'87% degli appalti pubblici, per quasi 3 miliardi di euro, furono assegnati senza gara pubblica.

Rileva Cantone che «con il passaggio alla giunta Marino c'è stata una riduzione del numero degli appalti, in percentuale le procedure negoziate (senza gara pubblica) sono rimaste elevate, ma il volume economico si è notevolmente ridotto».

Tuttavia, conclude il presidente dell'Anac, «non spetta a noi valutare se aprire nuove indagini, anche sui sindaci e per questo abbiamo inviato la relazione alle Procure perché c'è un collegamento all'indagine Mondo di mezzo dato che alcuni appalti riguardavano le coop di Mafia Capitale».



Soddisfatto il prefetto Gabrielli secondo cui occorre «verificare che le regole ci siano e che vengano rispettate ma soprattutto che venga rivista la riserva di caccia, il 5% degli appalti da attribuire alle coop, che si è rivelato un provvedimento criminogeno nato dalla buona intenzione di favorire una realtà economica che affonda le radici nella solidarietà».

Nel frattempo dalle carte di Mafia Capitale è emerso che Salvatore Buzzi, il presidente della coop 29 giugno, avrebbe ricevuto minacce nel carcere di Nuoro da parte di altri detenuti. Per questo, il 2 luglio scorso, l'uomo chiese e ottenne di essere messo in isolamento. A scatenare l'ira dei carcerati, il pentimento religioso, espresso con una lettera indirizzata al Papa, da loro equivocato in un pentimento giudiziario.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Settembre 2015, 09:00
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