Antinori si difende: «La donna era d'accordo. Mi sento come Enzo Tortora». E inizia lo sciopero della fame

Antinori si difende: "Lei era d'accordo. Io come Enzo Tortora"

di Cristiana Mangani
ROMA Un malore in casa e la corsa in ospedale per alcune ore: il ginecologo Severino Antinori reagisce così agli arresti domiciliari, dichiarandosi vittima di accuse ingiuste e arrivando a scomodare Enzo Tortora. «Sto vivendo lo stesso incubo, sono come lui», dichiara mentre è sotto osservazione dei medici. Da due giorni è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano, perché accusato di lesioni aggravate e rapina ai danni di un'infermiera spagnola di 24 anni a cui avrebbe forzatamente prelevato gli ovuli per impiantarli ad altra paziente il 5 aprile scorso nella clinica Matris, ora messa sotto sequestro dal Nas dei carabinieri. La sua verità la racconterà nei prossimi giorni al giudice che lo sentirà per decidere se convalidare o meno l'arresto.
 
 



Nel frattempo, l'avvocato Tommaso Pietrocarlo, che fa parte del collegio difensivo con Carlo Taormina e Claudio Romano, fa notare che la versione resa dalla vittima non torna. Ci sarebbero, a suo dire, alcune anomalie, in particolare una lettera che la 24enne avrebbe scritto per chiedere «il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato» come infermiera, «e il reintegro, pur non essendo dipendente» e «un relativo risarcimento danni», altrimenti avrebbe intrapreso iniziative legali. E questa l'avrebbe preparata quando è stata portata alla Clinica Mangiagalli, dove le sono stati riscontrati l'asportazione degli ovuli ed ecchimosi compatibili con un'immobilizzazione, e la avrebbe composta con l'aiuto di un legale dell'associazione che affianca il Soccorso violenza sessuale e domestica. Una lettera, che per l'avvocato Roberta De Leo che la assiste, farebbe capire che lei in realtà intendeva solo «ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro che si svolgeva in nero». Qualcosa di strettamente legato «a un diritto del lavoro» e non al procedimento penale.

IL MODULO
Tra le altre «anomalie» evidenziate dalla difesa di Antinori, delle quali il ginecologo aveva già parlato in tivù, dopo aver subito una perquisizione, ci sarebbe il fatto che l'infermiera avesse firmato un modulo di adesione al programma di ovulodonazione, poi un consenso informato, «dopo aver avuto il supporto di una psicologa che ne ha attestato la consapevolezza della scelta e la mancanza di problematiche».

 

Pietrocarlo ha poi aggiunto che, dagli atti, si evince che la donna avrebbe riconosciuto la sottoscrizione di due moduli «molto dettagliati dell'11 e del 14 marzo e non quello del 5 aprile», giorno dell'intervento che sarebbe dovuto servire a rimuovere una cisti ovarica e che si sarebbe trasformato nella rapina. Insomma sono diversi gli aspetti da chiarire, anche perché l'ordinanza del gip appare dettagliata e pesante nei confronti degli indagati, Antinori in testa.

ALTRE DENUNCE
Allo stato non sarebbero emerse, invece, evidenti connessioni con un'altra inchiesta milanese: una decina di donne, assistite dall'avvocato Gianni Pizzo, aveva denunciato di aver avuto una promessa di denaro dal ginecologo (circa mille euro) per consentire il prelievo degli ovuli. Non avevano ricevuto la somma perché, dopo l'operazione, era stato detto loro che non si potevano utilizzare, ma anche in quel caso il sospetto è che fossero stati impiantati invece ad altre clienti della clinica.

SCIOPERO DELLA FAME CONTRO L'ARRESTO I prossimi giorni saranno cruciali per chiarire in tutti i suoi contorni la vicenda che ha portato agli arresti domiciliari nella sua casa di Roma il professor Severino Antinori, accusato di aver prelevato degli ovuli, con la forza, a una donna spagnola di 24 anni, che da qualche settimana lavorava come infermiera nella clinica Matris di Milano, diretta dal medico. Intanto Antinori reagisce con lo sciopero della fame contro i provvedimenti dei magistrati milanesi. Pesanti le accuse nei confronti del ginecologo: lesioni personali e rapina, oltre che degli ovuli anche del telefono cellulare preso alla ragazza dopo l'intervento il 5 aprile scorso, tanto che per dare l'allarme alle forze dell'ordine cercò un telefono fisso della clinica, ora sotto sequestro. Il discusso professore, spiegano i suoi difensori, «non vede l'ora di difendersi» da accuse che ieri aveva definito «fuori dal mondo», forse già martedì davanti al gip di Roma che dovrebbe sentirlo per rogatoria. Antinori, ha spiegato infatti uno dei suoi legali, Tommaso Pietrocarlo, porterà al giudice anche la lettera con cui la donna, chiese il «riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato».

La lettera, che non risulta ancora essere agli atti dell'inchiesta, fu inviata l'8 aprile, tre giorni dopo l'intervento subito e, ad avviso della difesa, rimane «un'anomalia», così come i due documenti firmati dall'infermiera con i quali aderiva al programma di ovulodonazione«. La donna, pur non disconoscendo la sua firma, ha detto in sostanza di non essere consapevole di ciò che stava sottoscrivendo e che riteneva di dover essere sottoposta a un intervento per la rimozione di una cisti ovarica. I legali di Antinori ribattono, però, che, prima di aderire al programma di donazione degli ovuli, la donna fu assistita da una psicologa che ne attestò la consapevolezza della scelta e l'assenza di problematiche. I difensori, però, agiranno su due fronti: oltre ad affrontare l'interrogatorio davanti al gip, all'esito del quale decideranno se chiedere al scarcerazione, domani il collegio difensivo presenterà un ricorso al Tribunale del Riesame contro l'ordinanza con cui il gip di Milano ha disposto i domiciliari per il ginecologo.

Ultimo aggiornamento: Domenica 15 Maggio 2016, 19:49