"Mia figlia non farà mai più i compiti a casa":
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"Mia figlia non farà mai più i compiti a casa": la lettera della mamma alle maestre
Una nuova forma di 'resistenza all'oppressione dei compiti a casa' per dei bambini che, a scuola, fanno già il tempo pieno. Qui da noi gli esempi si sono susseguiti a lungo nel tempo, dalla mamma milanese che lamentava la troppa pressione sul figlio al papà di Varese che non ha fatto svolgere i compiti per le vacanze al figlio. Un approccio che, in parte, aveva anche trovato il favore di alcuni insegnanti. Ora è il turno della scrittrice statunitense Bunmi Laditan, che vive in Canada, e che ha mandato una e-mail alle insegnanti di sua figlia Maya, di 10 anni.

«Maya ridurrà drasticamente il suo carico di compiti a casa quest'anno, è molto stressata e sta iniziando ad avere sintomi preoccupanti come dolori al petto e risvegli nel cuore della notte per l'ansia dovuta ai compiti» - si legge nella missiva, condivisa poi su Facebook - «Mia figlia va bene a scuola e ama imparare, ma dopo aver consultato uno specialista abbiamo deciso di alleggerire il carico di compiti. Entrare a scuola alle 8.15, tornare a casa alle 16.30 e dover fare altre 2-3 ore di compiti le lascia molto poco tempo per la famiglia e per divertirsi come dovrebbe fare una bambina, non vogliamo che cada in depressione. Grazie per la vostra comprensione».



Il post, nel giro di una settimana, ha fatto incetta di like (oltre 73 mila) e condivisioni (oltre 21 mila) su Facebook. Bunmi ha spiegato: «Mia figlia ama leggere e imparare, ha molti interessi ed è sempre andata bene a scuola, ma lo stress si sta tramutando in problemi anche fisici. Non voglio che diventi una piccola schiava, così come i lavoratori hanno bisogno di riposo anche i nostri ragazzi meritano di passare il tempo libero giocando con i fratelli». Nello stesso post, la scrittrice rincara la dose: «In Finlandia non esistono i compiti a casa, eppure sono il paese più scolarizzato e preparato d'Europa. Costringere i ragazzi a passare l'intera giornata sui libri non ha senso. Se la scuola vorrà punire Maya per questa lettera, sono pronta a farle lezione a casa. Credo nell'istruzione ma non voglio che la scuola rovini la sua vita. Sogno un futuro brillante per lei, vorrei che andasse all'università, ma i bambini hanno bisogno di essere bambini. Non sto attaccando le maestre, sto solo cercando di fare il bene di mia figlia. Mio marito è terapista e insieme stiamo lavorando per ridurre il suo stress, ma non basta. Non mi piace parlare pubblicamente dei miei figli ma qualcosa deve cambiare».
Ultimo aggiornamento: Martedì 2 Maggio 2017, 09:44
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