Il mondo si fermerà, ha sostenuto lo stratega democratico James Carville commentando l’apertura del primo processo penale contro Donald Trump a New York. In realtà ieri il mondo non si è fermato, e intorno al tribunale di Manhattan sembrava semmai che si stesse girando un grosso film hollywoodiano, fra la folla curiosa che si pigiava, la lunga sfilata di telecamere, camion dei network di tutto il mondo, le antenne paraboliche, giornalisti col microfono in mano. Per la prima volta nella storia americana un ex presidente è entrato da imputato in un’aula di tribunale, con 34 capi di accusa penali. In teoria ognuno di questi capi potrebbe portare fino a quattro anni di carcere, ma gli esperti sono convinti che se Trump verrà riconosciuto colpevole, gliene verranno comminati al massimo 4, e comunque sarebbe lasciato in libertà condizionata fin dopo le elezioni.
Il processo, cominciato con la lunghissima operazione della scelta dei giurati, dovrebbe durare un massimo di sei settimane, limitando la possibilità di Trump di girare per il Paese per i suoi comizi. Il giudice lo ha ammonito: «Se lei non si presenta, può essere arrestato. Le è chiaro?» Il processo di Manhattan non è considerato il più grave o il più pericoloso per Trump, ma dato che gli altri tre casi sono impantanati nei ricorsi e nell’attesa della Corte Suprema sull’immunità invocata dall’ex presidente per il suo operato alla Casa Bianca, questo è l’unico che può svolgersi senza intoppi. E comunque, anche se il 25 aprile la Corte Suprema dovesse decidere che Trump gode dell’immunità presidenziale, gli atti per cui viene processato a New York risalgono all’anno precedente, quando era un comune cittadino. Si tratta della ingente cifra che Trump avrebbe pagato all’attrice porno Stormy Daniels, parte di un complotto più vasto che include una cifra anche più alta alla coniglietta di Playboy Karen McDougal, perché non rivelassero le relazioni avute con lui. Trump è sotto processo per essere ricorso a dei falsi di bilancio per nascondere le somme usate per farle tacere, e così facendo aver anche commesso un altro crimine, e cioè aver violato le leggi del finanziamento elettorale. Secondo le accuse, la decisione di falsificare il bilancio aziendale fu presa insieme all’avvocato Michael Cohen, che è già stato in prigione per la frode in questione, e che oggi è diventato uno dei testimoni principali contro Trump stesso.
Nelle settimane entranti sentiremo lui, ma anche Stormy e Karen, e altri testimoni.
KENNEDY JUNIOR
In una giornata già così frenetica, è arrivata una notizia che – se confermata da Trump – promette di eccitare l’attenzione nazionale ancor di più: il candidato indipendente Robert Kennedy Junior sostiene che la campagna trumpiana gli ha offerto il posto di vicepresidente. Gli uomini di Trump hanno negato. Trump tuttavia non ha fatto commenti.
Ultimo aggiornamento: Martedì 16 Aprile 2024, 00:41
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