Joe Biden sa che nella guerra a Gaza è in gioco la leadership Usa in Medio Oriente. Ma il lavoro del presidente Usa appare sempre più quello di un equilibrista, in bilico tra l’alleanza con Israele e la strategia per frenare la crisi umanitaria nella Striscia. I dati sulla situazione a Gaza sono allarmanti. A metà marzo gli esperti delle Nazioni Unite ritenevano possibile l’esplosione di una carestia tra fine aprile e metà maggio. E secondo Usaid, l’agenzia Usa per gli aiuti umanitari, già ora è possibile parlare di carestia in alcune aree dell’exclave palestinese. La malnutrizione falcidia soprattutto bambini appena nati e donne incinte. E ora, con la possibile operazione israeliana su Rafah, l’allarme risuona anche in vista di un nuovo esodo di centinaia di migliaia di profughi.
IL PROGETTO
Per evitare il disastro, l’amministrazione Biden preme da mesi sul capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu per sbloccare gli aiuti via terra. E nel frattempo, ha approvato con i partner occidentali e arabi il piano per il corridoio marittimo. Un progetto che prevede l’arrivo degli aiuti su un molo realizzato dalle forze Usa a largo di Gaza, collegato alla costa con una strada galleggiante. I lavori proseguono senza sosta, anzi sono praticamente conclusi, nonostante le mille difficoltà di un Medio Oriente infuocato e gli impegni delle navi Usa per difendere Israele dai missili e i droni dell’Iran. Secondo i militari americani, il molo dovrebbe essere terminato entro fine mese ed entrare in funzione alla metà di maggio. E per poter sfruttare al meglio questa infrastruttura Washington ha appena concluso un accordo con il World Food Programme, l’agenzia dell’Onu che ha sede a Roma e che si occuperà della distribuzione degli aiuti all’interno della Striscia. Un elemento cruciale per la riuscita del progetto. Perché se la struttura può essere realizzata dalle forze Usa, Casa Bianca e Pentagono hanno giurato che nessuno soldato americano metterà piede sulla costa di Gaza. Costringendo così tutti a pensare a un piano per distribuire del cibo e degli altri beni essenziali che sia il più possibile sicuro. Protetto dagli assalti della popolazione, dalle mire dei miliziani di Hamas, ma anche da eventuali errori di calcolo compiuti dalle Israel defense forces, come avvenuto nella strage di volontari della World Central Kitchen. Per Washington non è stato un negoziato facile. Come spiegato dalle fonti della Cnn, Onu e ong varie erano scettiche sull’unirsi a un progetto visto come “partner” delle Idf e in cui è alto il pericolo di finire sotto le bombe. Ma alla fine ha prevalso il pressing Usa, mentre proseguono i lavori per un altro corridoio parallelo di aiuti (privato) gestito dalla società Fogbow.
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L’EMERGENZA
Per Biden, fresco di via libera agli aiuti militari (anche) per Israele, è essenziale chiudere i lavori il prima possibile.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Aprile 2024, 06:18
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