Pensioni, quota 41: ipotesi contributivo. Riparte il confronto, ecco le opzioni sul tavolo

Il tavolo di domani dovrebbe comunque concentrarsi sul trattamento di garanzia per i giovani

Pensioni, ipotesi contributivo per quota 41: riparte il confronto, ecco le opzioni sul tavolo

di Luca Cifoni

Si riparte dal dossier che ha l’orizzonte temporale meno immediato, anche se la sua rilevanza è fondamentale: quello relativo alla cosiddetta pensione di garanzia per i giovani. Sarà questo il piatto forte del “tavolo” tecnico tra ministero del Lavoro e organizzazioni sindacali, in programma per domani. Dunque dovrebbe restare in sospeso almeno per una settimana, fino al successivo incontro, il tema caldo della flessibilità in uscita. Sulla quale il governo sembra intenzionato comunque a prendere tempo in attesa del prevedibile “imbuto” di settembre-ottobre: quando la Nota di aggiornamento al Def consentirà di fare un quadro un po’ più esatto delle risorse disponibili e forze di maggioranza e dicasteri faranno affluire a Palazzo Chigi la lista delle richieste. Che come al solito si preannuncia già fittissima.

Il canale

La soluzione relativamente più indolore è la proroga anche per il prossimo anno della cosiddetta Quota 103, ovvero della possibilità di accedere alla pensione con 62 anni di età e 41 di contributi. Un canale che riguarda un numero limitato di persone. Dalla maggioranza, e in particolare dalla Lega, si ribadisce che l’obiettivo di fine legislatura resta Quota 41, ovvero la possibilità di lasciare il lavoro unicamente con questo requisito contributivo (appunto i 41 anni) indipendentemente dall’età. Si tratta di una soluzione indubbiamente dispendiosa per le casse dello Stato, per cui viene presa in considerazione, come passaggio intermedio, l’idea di dare questa opzione ma in cambio di un assegno calcolato con il sistema contributivo, quindi generalmente di importo meno elevato. In questo modo lo Stato ridurrebbe la propria spesa, persino con possibili risparmi nel tempo. Ma nell’immediato dovrebbe comunque affrontare l’onere delle maggiori uscite, se l’adesione degli interessati fosse consistente. A quanto ammonterebbe la decurtazione dell’assegno? La risposta esatta dipende dall’effettivo percorso lavorativo del pensionando e in generale la penalizzazione risulta meno consistente in caso di carriera “piatta”.

Si può stimare un impatto negativo medio del 15-20 per cento, da mettere sul piatto della bilancia insieme al guadagno temporale in termini di anni di anticipo del pensionamento.


A proposito di sistema contributivo, tra i nodi ancora da sciogliere c’è quello relativo a Opzione donna. Anche in questo caso la formula è quella di un’uscita anticipata (in realtà prima dei 60 anni di età, con 35 di contributi) con una pensione esclusivamente contributiva. Si tratta di una norma riservata alle lavoratrici che è rimasta in vigore molti anni, ma è stata poi depotenziata con l’ultima legge di Bilancio per chi ha raggiunto i requisiti nel corso del 2022: l’opzione è praticabile solo per chi assiste un parente con handicap grave, oppure è stata licenziata o è dipendente da aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi. Restano comunque forti le pressioni per la cancellazione di questi vincoli, che limitano di molto la platea delle interessate. Un’ipotesi che circola è quella di utilizzare il modello “Ape sociale” una sorta di trattamento anticipato che per la verità scatta ai 63 anni per una serie di categorie impegnate in lavori “faticosi”. Non si parla comunque di una pensionamento vero e proprio ma di una soluzione-ponte.

I meccanismi

Come accennato, passerà comunque una settimana prima che il governo scopra le proprie parte. L’incontro di domani dovrebbe invece concentrarsi sui meccanismi di tutela per gli attuali lavoratori giovani e futuri pensionamenti che rischiano a fine carriera di ritrovarsi con un trattamento non adeguato a causa di carriere povere e irregolari.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 19 Luglio 2023, 21:36
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