Indietro tutta sulle centrali a carbone. Perché no? Era stato chiarissimo già il 25 febbraio scorso Mario Draghi. «Potrebbe essere anche necessaria - aveva avvertito il premier nelle prime ore dopo l'invasione russa in Ucraina - la riapertura delle centrali a carbone per colmare eventuali mancanze nell'immediato». Parole nette. Quindi non solo aumentare l'energia prodotta dalle centrali ancora attive, ma addirittura fare una momentanea marcia indietro rispetto all'impegno di dismettere o riconvertire tutti questi impianti entro il 2025, come prevedono il Pniec - Piano nazionale integrato energia e clima - e gli impegni di Glasgow.
IL MERCATO
Secondo alcuni calcoli, la riapertura a pieno regime degli impianti presenti sul territorio italiano può ridurre la dipendenza dal gas del 50% per tutto il periodo della crisi. E occorre tra l'altro ricordare che il vecchio, criticatissimo, carbone è già venuto in soccorso negli ultimi mesi: la centrale di Civitavecchia ha lavorato a pieno regime per tutto l'inverno, come dimostrano le navi carbonifere a largo del porto. E già a dicembre, per un paio di settimane, erano state riaccesi e poi rispenti gli impianti a carbone a La Spezia di Enel e a Monfalcone che fa capo ad A2a. In linea teorica un provvedimento che può essere assunto immediatamente è l'aumento della produzione di elettricità grazie a un maggior uso delle centrali a carbone. Sono ancora sei quelle in attività in Italia, due in Sardegna, le altre a Venezia, Monfalcone, Civitavecchia e Brindisi.
IL SEGNALE
Gli operatori sono già stati pre-allertati: si procederà solo in caso di blocco dell'import dalla Russia per sostituire 5 miliardi di metri cubi di gas.
Nella transizione, dunque, l'energia rinnovabile andrà a sostituire quella fossile e quindi in questo percorso ci sono state via via le dismissioni delle centrali di Genova e Bastardo, per avere un'ulteriore tappa intermedia del 2021 con la dismissione della centrale di La Spezia e nel 2022 dei due dei quattro gruppi di Civitavecchia. Enel lavora anche ad una nuova vita dei siti che ospitano gli impianti a carbone per la produzione energia elettrica e che entro il 2025, a crisi terminata, cesseranno di usare carbone: saranno trasformati in poli integrati dove potranno avere opportunità di sviluppo, potranno avere impianti per la produzione fotovoltaica, per l'accumulo di energia elettrica, batterie sempre più importanti con la crescita della produzione rinnovabile, per accumulo di energia. Quanto ai lavoratori, chi oggi è impegnato sugli impianti a carbone sarà dirottato verso altri ambiti, in particolare nei progetti di sviluppo della filiera delle rinnovabili.
Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Giugno 2022, 10:42
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