Ragazza morta al Forlanini: si indaga anche sulla mamma

Sara, morta al Forlanini: si indaga anche sulla mamma

di Alessia Marani e Monica Martini

Istigazione al suicidio o aiuto al suicidio. È questa l'ipotesi su cui indaga la Procura di Roma in relazione alla morte di Sara Bosco, la sedicenne stroncata con tutta probabilità da un'overdose di eroina all'interno dell'ex ospedale Forlanini e deceduta tra le braccia della madre, Katia N., anche lei un passato di tossicodipendenza. Il pm Antonino di Maio ha disposto anche accertamenti sulla condizione di degrado in cui versano i padiglioni abbandonati della struttura sanitaria dismessa, lasciata alla mercé di sbandati, spacciatori e prostitute.


Gli agenti di polizia del commissariato Monteverde, in attesa del responso dell'autopsia eseguita ieri all'istituto di medicina legale de La Sapienza, indagano per istigazione al suicidio perché in un ultimo sms inviato ad un'amica Sara avrebbe confessato di essere stanca di vivere: «Fine girls», una frase scritta in passato anche sul suo profilo Facebook. Gli investigatori puntano a individuare chi abbia ceduto senza alcun scrupolo la droga alla minorenne. Ieri i poliziotti sono tornati al Forlanini; la Squadra Mobile ha ascoltato per ore la mamma della ragazza, il suo compagno e altri occupanti dei padiglioni. Non è chiaro chi esercitasse la potestà sulla figlia e se anche gli stessi genitori fossero con lei all'interno del padiglione dalla notte precedente, circostanza che potrebbe metterli nei guai.

 

IL CALVARIO
Sei terribili mesi segnati da fughe da casa, incidenti e inutili tentativi di tornare a condurre una vita normale. Iniziò lo scorso mese di gennaio, con l'allontanamento volontario dalla sua casa di Santa Severa, il calvario di Sara, 16 anni compiuti a febbraio. La sua difficile esistenza, spezzata troppo presto, è stata segnata da troppe brutte esperienze che già lo scorso inverno l'avevano indotta ad abbandonare la famiglia e gli studi non frequentando più l'istituto Alberghiero di Ladispoli. A ritrovarla anche in quell'occasione fu la mamma con l'aiuto di Chi l'ha visto. Appena il tempo di ritornare a Santa Severa dove l'attendeva un provvedimento del tribunale, dopo la segnalazione dei carabinieri, che l'obbligava a recarsi in una casa famiglia in provincia di Frosinone.

FUGA ROCAMBOLESCA
Una decisione imposta che la minorenne non aveva mai accettato tanto che poche settimane dopo, mentre tentava di scappare, calandosi dalla finestra con un lenzuolo annodato, era caduta in terra procurandosi gravissime lesioni. Finì ricoverata al policlinico Gemelli di Roma. Altri dolori avrebbero minato il suo corpo e la sua anima fino al suo rientro in una comunità alle porte di Perugia. Un triste storia di disagio sociale. A Santa Severa, la sedicenne viveva con la mamma e altri disperati in un edificio comunale abbandonato nelle campagne alle porte della cittadina balenare, raggiungibile attraverso una strada bianca. Niente a che vedere con le villette baciate dal sole della riviera.
Tempo fa nel casolare c'era stata persino un'infestazione da scabbia segnalata dai sanitari del soccorso alla Asl locale. Impossibile, ieri, avvicinarsi a quell'abitazione ai margini della città. Chi è rimasto dentro non vuole parlare. Un ragazzo libera i cani: «Andatevene via». Il padre di un'amichetta di Sara ricorda: «Dissi a mia figlia di non fare venire più quella ragazzina a casa nostra, perché frequentava brutta gente, anche troppo grande rispetto alla sua età».



LA RABBIA
Mamma Katia, 41 anni, è chiusa nel silenzio. Sarebbe tornata a Santa Severa. Chi la conosce dice che è distrutta dal dolore e molto arrabbiata per le tante, troppe cose, dette su di lei e della figlia adolescente che le è morta tra le braccia, che ha tentato di salvare praticandole disperatamente un massaggio cardiaco, improvvisato grazie alle istruzioni dettate per telefono da un operatore della centrale del 118. Stando a indiscrezioni, in passato, Sara, la mamma e il papà avrebbero vissuto insieme sul litorale. Ma poi il padre si sarebbe allontanato e forse, la piccola Sara, fuggita dalla comunità L'isola che non c'è alle porte di Perugia, era andata a cercarlo proprio in quel padiglione di Pneumologia del Forlanini, sicura di trovarlo in mezzo a quel mondo di fantasmi.
Durissimo l'attacco di Massimo Barra, fondatore del Centro Antidroga della Cri, Villa Maraini: «La morte di Sara si poteva evitare, se non fosse così dilagante l'indifferenza delle istituzioni. La sua morte deve far riflettere tutta la politica che da anni ha scelto il silenzio sul problema delle tossicodipendenze, oramai un tabù nel dibattito pubblico perché argomento scomodo che non porta voti».

L'OFFERTA
Il dramma di Sara ha colpito profondamente la comunità romana. C'è un uomo, un commercialista di cinquant'anni che vuole restare anonimo, che è si è offerto di pagare le spese per il funerale della ragazza. «Questa creatura - dice il professionista, padre di tre figli - dalla vita non ha avuto nulla. Ho avuto un cugino morto tre anni fa per overdose, una battaglia che non siamo riusciti a vincere, uno strazio terribile. E lui era un adulto. I sedici anni dovrebbero essere il momento più bello della vita, invece per Sara è arrivata la morte nell'indifferenza e nel degrado. Anche se non la conoscevo, mi sento anch'io un po' responsabile per quest'indifferenza. Almeno una funzione dignitosa a questa ragazza la dobbiamo».
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 10 Giugno 2016, 10:23
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