Regeni, scontro Italia-Egitto su tabulati e video.
Gelo da Il Cairo: "Non li consegneremo"

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ROMA - Tra Egitto e Italia è ormai scontro aperto per la condivisione dei tabulati telefonici e dei video che potrebbero contenere, secondo la Procura di Roma, elementi fondamentali per dirimere la nebbia sul caso Regeni. I magistrati insistono e chiedono nuovamente alle autorità egiziane i documenti nei quali potrebbe nascondersi la verità sull'omicidio del ricercatore universitario.
 


Nonostante la delusione per il fallimento del summit di ieri, la Procura guidata da Giuseppe Pignatone ha annunciando una nuova rogatoria internazionale che sarà inoltrata la prossima settimana. «Nulla si lascerà intentato per avere la verità sull'omicidio di Giulio Regeni», fanno sapere da piazzale Clodio. Ma dal Cairo arriva un secco «no» alla richiesta dei tabulati. «Sarebbe contro la Costituzione e le leggi vigenti egiziane», ha detto il procuratore generale aggiunto egiziano Mostafa Soliman, spiegando inoltre di aver «soddisfatto il 98% delle richieste italiane».

«L'Italia - ha sottolineato - ha chiesto la registrazione di chiamate telefoniche di tre persone in rapporto con la vittima e abbiamo detto: 'Sì, vi metteremo al correntè. Se l'avessimo saputo avremmo portato la risposta con noi». Per quanto riguarda i video, invece, i magistrati egiziani fanno sapere che sono recuperabili al «50%» e, sebbene sia una procedura «costosa», l'operazione di recupero sarà compiuta. Parole che hanno innescato un'immediata reazione: «L'analisi del traffico telefonico, anche quello delle celle, è uno strumento investigativo ampiamente utilizzato in tutti i Paesi democratici, anche quelli la cui legislazione è più attenta alla privacy», sottolineano infatti fonti investigative, aggiungendo che le autorità egiziane hanno consegnato materiale ai magistrati italiane, «ma certamente non il 98%».

Nella nuova rogatoria che i pm romani inoltreranno si chiederà conto anche degli sviluppi delle indagini successive al 14 marzo, giorno del vertice al Cairo tra il Procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco e i magistrati egiziani. I pm italiani in particolare chiedono anche di sapere come gli effetti personali di Regeni, ovvero passaporto, carta di credito e tesserini universitari, siano finiti nelle mani di una banda criminale, tornata oggi alla ribalta per l'arresto di tre familiari di due membri della gang. Una pista, quella legata ad un presunto ruolo della banda criminale nell'omicidio, che continua ad essere considerata inattendibile dai magistrati guidati dal Procuratore Giuseppe Pignatone. Insomma per la Procura bisogna proprio scavare nei tabulati di quelle dieci utenze riconducibili a coinquilini, vicini di casa, esponenti di sindacati indipendenti e ambulanti, amici del ricercatore, per ricostruire le settimane e anche le ore precedenti la scomparsa. Un arco temporale che per ora appare un buco nero che ha inghiottito e poi restituito Giulio cadavere. Importante è anche l'analisi del traffico registrato il 25 gennaio, giorno della scomparsa, dalle celle telefoniche attorno all'abitazione di Regeni, a Dokki, e il 3 febbraio dalle celle nella zona del ritrovamento, lungo la superstrada Cairo-Alessandria: due momenti cruciali per ancorare l'inchiesta. E poi le immagini registrate dalle videocamere di sorveglianza e dei negozi nella zona di Dokki, nelle 2 stazioni della metropolitana che Giulio avrebbe dovuto utilizzare la sera della scomparsa e nella zona del ritrovamento del corpo.

Nel frattempo l'Italia, dopo aver richiamato il suo ambasciatore al Cairo per consultazioni, si prepara ad ulteriori passi - come conferma il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni - anche se una fonte diplomatica egiziana ha parlato di «contatti in corso al più alto livello tra Italia ed Egitto per tentare di superare la crisi». «Noi semplicemente avevamo detto in parlamento che ci aspettavamo un cambio di marcia - ha sottolineato Gentiloni - altrimenti avremmo preso alcune misure immediate».

Ultimo aggiornamento: Sabato 9 Aprile 2016, 21:25
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