Per il direttore della polizia postale Nunzia Ciardi c’è da allarmarsi: troppa violenza sul web contro le donne. «L’odio online è distribuito equamente tra tutti, ma alle donne viene riservata una particolare aggressività mirata sul discorso fisico e sulla sessualità». Oltre a: brutta, sei un cesso, fai schifo, minacce del tipo: ti devono stuprare. Tocca a chiunque, alla scrittrice come al medico e alla ragazzina.
La porno vendetta
«Un altro fenomeno che stiamo monitorando è quello degli stupri virtuali su facebook». All’interno di gruppi chiusi si condividono foto cercate sui social, copiate da contatti whatsapp o anche scattate in mezzo alla strada a donne ignare e si commenta: che gli farei e via di seguito con un repertorio infinito di volgarità. «Si può intervenire su Fb, Twitter o Instagram chiedendo la rimozione dell’immagine. Ma quando una foto finisce su una app di messaggistica è impossibile fermarla, bisognerebbe cancellarle su migliaia di dispositivi, è difficile difendersi».
A volte l’ex non si limita a pubblicare lo scatto osè, ma abbina numero di telefono o indirizzo mail della vittima. Capita che le foto vengano messe anche sui siti porno e le donne vengano contattate da chi vuole un appuntamento. «Ancora il revenge porn non è previsto come ipotesi di reato autonoma, se ne sta discutendo in Parlamento. E quindi bisogna applicare norme diverse: stalking, violazione della privacy, diffamazione. Ma non appena ci sarà la nuova norma, la politica repressiva avrà un’arma in più e questo di sicuro aiuterà».
Lui è geloso e la pedina. Prima doveva spostarsi adesso basta seguirla sullo schermo. Cybercontrollo, «un pedinamento virtuale che non ha limiti ed è particolarmente invasivo, non dà un attimo di tregua. Le donne pagano un prezzo più alto sul web: la repressione è un tassello importante ma la battaglia va condotta anche e soprattutto sul piano culturale».
Con la campagna “Una vita da social” sono stati finora incontrati un milione e 700mila studenti, 180mila genitori, 100mila insegnanti. «I genitori hanno un compito difficilissimo perché non sono esperti quanti i loro figli e almeno nella rete non sono un punto di riferimento.
Ma devono capire che i ragazzi pur muovendosi con agilità nel web non riescono a prevedere quanto la rete sia potente e pericolosa, e quanta aggressività possa trasmettere o scatenare. Con il dialogo i genitori devono trasmettere ai figli i principi su come si sta in rete. E se necessario, diventare tecnicamente più preparati».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Giugno 2019, 11:55
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