La solitudine dei numeri uno: Djokovic e Serena contro tutti

La solitudine dei numeri uno: Djokovic e Serena contro tutti

di Gianluca Cordella
I numeri non mentono, questo è vero. Il problema, però, è che al numero finale spesso si arriva attraverso complicate funzioni matematiche, con un numero imprecisato di incognite. Tutte variabili che, alla minima oscillazione, vanno a influenzare il risultato finale. Il numero. Facendo appello alle cifre, ad esempio, non è possibile immaginare un finale degli Internazionali Bnl 2015 diverso da quello in cui Novak Djokovic e Serena Williams alzano al cielo la coppa, festeggiando sul Centrale la conferma dei rispettivi titoli 2014. Il serbo, dall'inizio dell'anno, ha perso solo due match su 32 giocati, peraltro nei due tornei meno “pesanti” in cui è sceso in campo. Per il resto ha vinto tutto quello che c'era da vincere. Ha cominciato alla grande lo Slam prendendosi il titolo degli Australian Open e poi ha monopolizzato i Masters 1000, vincendo, in sequenza, a Indian Wells, Miami e Montecarlo. Serena non è stata da meno e, anzi, fino al ko di Madrid con la Kvitova, il suo 2015 era stato immacolato: 24 vittorie in altrettanti match giocati e i titoli dell'Australian Open e di Miami in cassaforte. Una striscia che si allunga a 27 gare considerate le ultime disputate nel 2014. Un percorso che avrebbe potuto essere anche più impressionante se un infortunio non le avesse impedito di scendere in campo nelle semifinali di Indian Wells contro la Halep. Ma il dato più impressionante è un altro: la sconfitta di Madrid ha posto fine a una striscia mostruosa di 50 vittorie consecutive nei Premier Mandatory, i tornei principali, inferiori solo agli Slam. Un dominio, dunque, che travalica i confini temporali del 2015 e che nei numeri trova la sua legittimazione. Poi, però, qualche piccola variabile cambia. Oscilla in modo impercettibile ma sufficiente per scalfire la certezza che il numero finale, il risultato, possa essere diverso da quello atteso. E le incognite, poi, si moltiplicano anche, facendo traballare sempre più ogni consapevolezza. La grande incognita di Nole è la sua lunga inattività. Dopo il successo di Montecarlo il numero uno del mondo ha detto basta, ha scelto di prendersi una pausa in vista dello sprint verso il Roland Garros. Eravamo però a metà aprile, da allora Djokovic non ha più giocato match ufficiali. Questo è il punto: la lontananza dal campo. La classica arma a doppio taglio che può farti mettere nuove energie nel serbatoio ma può anche toglierti il ritmo partita. Un'incognita, appunto. Anche perché, nel frattempo, gli avversari, liberati dall'ingombrante presenza di Nole, hanno giocato, eccome. E hanno lasciato tutti, chi più chi meno, il segno: da Federer che a Istanbul ha conquistato l'85° titolo in carriera a Murray che a Monaco ha vinto il suo primo torneo sulla terra rossa, passando per il rientrante Nadal e per gli outsider Berdych e Nishikori. Vincere, anche quando manca il tuo principale rivale, genera comunque autostima e consapevolezza. Come quella che avrà maturato Petra Kvitova dopo aver liquidato Serena a Madrid. Un campanello d'allarme perché la Williams minore è donna e atleta da tutto o niente: cicli trionfali ma anche prolungati periodi di indolenza. Anche perché, a leggere i match, il ko netto in Spagna segue il quasi ko di due giorni prima, quando la numero uno ha dovuto cancellare tre match point a Vika Azarenka che, al momento, non è quella che dominava la classifica Wta nel 2012. E, andando ancora più indietro, la stessa flessione si era vista in Fed Cup, quando Saretta Errani stava quasi realizzando l'impresa mai riuscitale di dominare la possente rivale. Piccole crepe nel colosso. Numeri che oscillano, varianti, incognite. La funzione sarà risolta il 17 maggio.
Ultimo aggiornamento: Domenica 10 Maggio 2015, 16:39