Stars of the Flower Moon, De Niro e DiCaprio: «Liti tra noi? Macché, sul set ci capiamo al volo»

I due attori con Scorsese raccontano il film sulle atrocità ai danni della tribù Osage

Stars of the Flower Moon, De Niro e DiCaprio: «Liti tra noi? Macché, sul set ci capiamo al volo»

di Alessandra De Tommasi
L’ultimo film dell’ottantenne Martin Scorsese, “Killers of the Flower Moon” (attualmente nelle sale italiane), racconta lo sterminio di una tribù, gli Osage, all’inizio del Novecento. Tratto da una storia vera, raccontata nel saggio “Gli assassini della terra rossa” da David Grann, vede protagonista Leonardo DiCaprio nei panni di Ernest, un reduce di guerra che sposa una nativa americana, Mollie (Lily Gladstone), per sfruttare i giacimenti petroliferi delle sue terre. Robert De Niro, al decimo film con il regista, indossa il distintivo di suo zio William, il vicesceriffo, che lo aizza nei suoi intenti criminali.

De Niro sfata subito le voci di una presunta ostilità sul set, durante l’incontro con la stampa internazionale: «Sono fortunato a tornare sul set con Leo, noi due abbiamo una lunga storia insieme. E con Marty spero di fare almeno un altro paio di film». Gli fa eco DiCaprio: «Sono al cospetto di due padri del cinema che ormai, dopo 30 anni di sodalizio, si capiscono con un cenno, quasi telepaticamente. Li ammiro moltissimo e questa è una storia necessaria, che parla di tradimenti oltraggiosi. Ricostruendo le dinamiche emotive degli Osage, abbiamo messo in scena una storia d’amore torbida e bizzarra». L’Fbi, infatti, ha iniziato a indagare e sono venute a galla le atrocità commesse dagli uomini bianchi ai danni degli Osage.

«Le uccisioni – spiega Scorsese – sono avvenute anche per mano di chi si dichiarava loro miglior amico, per questo quel trauma ha ripercussioni ancora oggi.

I personaggi sono persone vere e i loro discendenti vivono in quei luoghi. Per dare autenticità al racconto, ho unito la mia formazione europea all’amore per i western. Sono rimasto sui luoghi delle riprese, in Oklahoma, per il montaggio e sono venute a trovarmi mia moglie, una delle mie figlie e un nipote. Guardandoli ho capito che questo progetto non poteva e non doveva essere concepito come intrattenimento ma come una vicenda umana, con un’anima», soprattutto in tempi di guerra come i nostri che tendono a dimenticare le storie di sangue e di conseguenza permettono che si ripetano.

«L’intento – aggiunge DiCaprio – è mettere in scena qualcosa che sia il più credibile possibile. Sono passati cento anni ma quanto è successo agli Osage è ancora una sorta di tabù, di cui non si parla apertamente, mentre il mondo deve conoscere questa vicenda. Il processo che ne è seguito ha mostrato alcune atrocità di cui il mio personaggio si è macchiato, eppure pare che abbia visto la moglie anche dopo la fine del procedimento giudiziario». Ci sono contrasti e paradossi, ma sul grande schermo non suonano mai buonisti né retorici né stereotipati: «D’altronde Scorsese – conclude l’attore - non è un regista che ama operare in modo tradizionale».

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Ultimo aggiornamento: Sabato 2 Dicembre 2023, 14:15
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