Rifiuti, tariffa record per i romani: 378 euro in media a famiglia

Rifiuti, tariffa record per i romani: 378 euro in media a famiglia

di Francesco Pacifico
Quasi ottanta euro in più di Tari rispetto al resto d’Italia per sacchetti che rimangono in strada e camion che passano a raccoglierli a giorni alterni. Per cassonetti sempre più sporchi o macchine spazzatrici che si vedono soltanto in alcune zone. Per non parlare della differenziata ai minimi, con il porta a porta attivo di fatto soltanto in quattro Municipi. E per i romani al danno segue la beffa: cioè un salasso per pagare un servizio, quello dei rifiuti, che fa acqua da tutte le parti. Le famiglie della Capitale, infatti, versano in media 378 euro all’anno per la Tari. Quindi 78 euro in più rispetto al resto del Paese. In estrema sintesi, l’imposta si calcola sia in base alla metratura dell’immobile sia in relazione alle necessità del Comune di garantire il servizio per la raccolta dei rifiuti.
E, in quest’ottica, a Roma si è tartassati perché Ama non ha impianti propri per il trattamento e lo smaltimento. Ma soprattutto la Capitale è indietro nella raccolta differenziata, visto che soltanto il 45,5 per cento gettato nei cassonetti non va in discarica. Un livello risibile se si pensa sia che a Milano siamo al 66 per cento sia che l’ex ad di Ama, Lorenzo Bagnacani, aveva promesso di raggiungere il 70 per cento nel 2021. Invece adesso, come detto, soltanto in poche zone è attivo il porta a porta di nuova generazione, mentre è finita nel mirino della magistratura la raccolta di carta, vetro o plastica destinata a negozi, bar e ristoranti. Qualche mese fa Cittadinanza attiva ha calcolato che a Roma una famiglia paga 78 euro in più rispetto alla media nazionale. E peggio della Capitale fanno soltanto città come Napoli (455 euro) e Reggio Calabria (443 euro) con impianti per il trattamento e lo smaltimento più scadenti di quelli della Città eterna. Ma il confronto diventa impietoso rispetto ai grandi centri.
A Bari, per esempio, la tariffa media è di 372 euro all’anno, a Venezia di 365, a Torino di 339, a Milano di 332, a Palermo di 309, a Bologna di 286, a Firenze di 228 fino a Trento dove le famiglie versano in media 195 euro.
IL CONFRONTO
A Roma poi si paga anche di più rispetto alle altre città del Lazio: a Latina le famiglie versano ogni anno 335 euro, a Rieti 325, a Frosinone 319 e a Viterbo 269.
La Capitale, una delle più colpite tra le grandi città sul fronte delle utenze domestiche, conquista però la maglia nera sul versante dei costi per i servizi alle imprese e agli esercenti comunali. Confcommercio ha calcolato che qui i pubblici esercizi sono tra i più tartassati a livello italiano: se in tutto il Paese un ristorante paga di Tari 20,47 euro al metro quadro e un bar 16,08 euro al metro quadro, gli esercizi romani riconoscono rispettivamente all’Erario 39,42 e 34,91 euro al metro quadro. Senza contare che, come ha rilevato sempre l’associazione dei commercianti, la qualità del servizio è in constante peggioramento: in tutto il Lazio gli utenti hanno dato in media una votazione di 3,2 punti, la peggiore dello Stivale. Per completezza d’informazione va aggiunto che a Roma l’imposta è calata tra il 2019 e il 2018 del 4,1 per cento, ma che nella stessa Capitale l’evasione di questo tributo è record: soltanto un residente su tre la paga. E tra i morosi ci sono anche i ministeri tanto che negli scorsi mesi il Campidoglio ha scritto ai principali dicasteri lamentandosi che mancano all’appello circa 60 milioni di euro non versati.

Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Febbraio 2020, 10:25
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