Coronavirus. Tornato dalla Cina, studente 23enne bellunese barricato in casa in “quarantena”

Tornato dalla Cina, studente bellunese 23enne barricato in casa in “quarantena”

di Olivia Bonetti
BELLUNO - Era partito con i sogni dei suoi 23 anni per un’esperienza unica: un tirocinio al consolato italiano in Cina. È tornato con una mascherina, le immagini da apocalisse delle strade deserte impresse nella mente. E la certezza che se avesse detto no a quel volo di ritorno, che gli aveva proposto il consolato generale italiano, forse sarebbe rimasto bloccato in quel paese con il rischio contagio del coronavirus (ovvero l’infezione che dalla città di Wuhan si sta propagando ovunque). Davide Barattin, di Polpet, studente di Relazioni Internazionali all’università di Firenze era arrivato il 10 gennaio scorso a Guangzhou, città della Cina del sud, a 850 chilometri da Wuhan. Nemmeno il tempo di ambientarsi iniziare il tirocinio al consolato, che si è trovato in piena emergenza. È tornato a casa sano e salvo l’altro ieri: non esce e starà due settimane nella sua abitazione, con mascherina per precauzione. Non è obbligatorio, ma tra i consigli anti-contagio.

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L’EMERGENZA
«Pur essendo distante dall’epicentro - racconta Davide Barattin - anche nella città dove mi trovavo c’erano almeno 100 casi accertati. La situazione sanitaria prevedeva per tutti la mascherina obbligatoria: se non ti mettevi la mascherina ti fermavano. Costano circa 3 euro, ma il problema è che erano esaurite ovunque, insomma erano impossibili da trovare». Davide l’ha trovata e andava ogni giorno al consolato, anche nell’emergenza. «La gran parte dei negozi, centri commerciali ristoranti erano chiusi - prosegue - e non c’era praticamente nessuno per strada. Quella che ho visto era una situazione quasi da apocalisse, perché le strade cinesi sono sempre molto popolare». Poi i controlli obbligatori per tutti. «Ad ogni ingresso di metropolitana - racconta - c’erano gli addetti che ti misuravano la febbre e verificavano che tutti indossassero la mascherina. In caso contrario scattava la multa e non si poteva viaggiare». 

LA SCELTA
«Sarei dovuto stare in Cina 3 mesi - prosegue il 23enne pontalpino -. Il 28 gennaio la console generale in Cina mi ha contattato spiegando che tutti gli altri tirocinanti, eravamo 14 in tutto il paese, avevano deciso di rientrare in Italia. Ci ho pensato un po’ su, ma alla fine ho deciso di tornare. Ho avuto un colpo di fortuna e giovedì mattina ho preso un volo della Turkish airlines, con scalo a Instabul e poi arrivo a Venezia. Anche in aeroporto in Cina, alla partenza, mi hanno controllato temperatura e mascherina. La ho indossata per tutto il volo: non sono sicuro che fosse obbligatorio, ma tutti l’avevano addosso».

 

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L’ARRIVO 
«Allo sbarco a Venezia non ci sono stati controlli - spiega - ma il mio volo arrivava da Intanbul: eppure anche lì, al nostro arrivo dalla Cina, non ci sono stati controlli. Poi finalmente sono arrivato a Polpet. Mia mamma si è informata dal virologo che mi ha consigliato di stare in casa con la mascherina per 2 settimane ed evitare i contatti. È anche l’indicazione, non obbligatoria del Ministero della salute. Lo faccio per non rischiare: non vorrei creare problemi ai miei genitori». E quando gli si chiede se ha paura del coronavirus, Davide risponde: «C’è da star tranquilli soprattutto qui in Italia, non ho paura di essere stato contagiato. È giusto essere attenti e prevenire, essere coscienti, ma la situazione che ho trovato io non era grave dal punto di vista sanitario: è sotto controllo e non ha senso allarmarsi troppo». Ora deve scegliere un nuovo tirocinio, ma sicuramente non lo farà più in Cina. «Meglio l’Europa», conclude.


 

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Ultimo aggiornamento: Domenica 2 Febbraio 2020, 09:24
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