Yara, i legali di Bossetti: "Forse ci fu un contatto con la 13enne"

Yara, i legali di Bossetti: "Forse ci fu un contatto con la 13enne"
Potrebbe esserci un errore di valutazione alla base del caso Yara. Secodo gli avvocati di Massimo Bossetti, il muratore condannato all'ergastolo per l'omicidio della 13enne: «Non c’è stata una valutazione della pluralità di indizi alternativi rinvenuti sul corpo della vittima, trasformando così, senza alcun altro riscontro, un possibile contatto in un’aggressione omicida».



Secondo Giallo sarebbero queste le motivazioni del ricorso in appello per la condanna del muratore. La frase dei legali di Bossetti, però, ha in sé una grande contraddizione, per la prima volta viene ammesso che l'uomo e la bambina avrebbero avuto un contatto, mentre a lungo, dopo l'arresto, lui ha negato di averla vista e conosciuta. In un altro passaggio i legali si contraddicono nuovamente: «Nel caso in esame, elementi certi riferibili alla collocazione e alla qualità della traccia, per nulla degradata a differenza del contesto in cui è stata rinvenuta, fanno ritenere un contatto successivo, e non di poco, al contesto omicidiario».

Sempre nel ricorso i legali di Bossetti insinuano una falsificazione delle prove, che il condannato non avrebbe mai avuto modo di visionare e verificare. Accuse anche agli inquirenti e ai testimoni che vengono appellati come "falsi". Secondo gli avvocati i sarebbero addirittura delle mail tra i carabinieri che hanno condotto le indagini e una società e si chiama Hacking Team dove si parlerebbe di creazione di DNA artificiale, con lo scopo di incastrare Bossetti.



Proseguono poi una serie di punti nel ricorso: come il furgone di Bossetti, la presenza di materiale edile nei vestiti della 13enne, e altri elementi che sono stati verificati, più e più volte in passato, e hanno sempre condotto al muratore, ma che i suoi legali sostengono poter essere riferibili ad altri soggetti, come la famiglia di Yara, la sua insegnante di ginnastica e il custode della palestra. Infine le accuse raggiungono l'apice: i legali sostengono che il loro assistito sia stato anche torturato (presumibilmente a livelli psicologico) e invitano gli inquirenti e al magistrato Letizia Ruggeri che stabili la sentenza ad "aprire i Codici e spegnere la tv". 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Aprile 2017, 18:23
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