Strage di migranti: "Scafista al timone era
ubriaco”. Pm, tragedia provocata da collisione

Strage di migranti: "Scafista al timone era ubriaco”. Pm, tragedia provocata da collisione

di Valeria Arnaldi
ROMA - «Il comandante beveva vino, era ubriaco e fumava hashish mentre era al timone, poco prima che il barcone si scontrasse con la nave porta container portoghese». Sono le parole di uno dei superstiti del naufragio di migranti avvenuto nella notte di sabato a nord della Libia, a completare il quadro dell’orrore di quegli istanti di paura, nel buio. «In cinque minuti - racconta - il barcone si è inabissato».



Lo scafista tunisino Mohammed Alì Malek, 27 anni, che era al comando del peschereccio, insieme al siriano Mahmud Bikhit, 25, anni, non è stato in grado di pilotare l’imbarcazione. Né di gestire il suo “carico” di uomini. Prima, ne ha chiusa la maggior parte - molte donne e bambini - nella stiva, togliendo loro così ogni possibilità di scampo, poi, all’arrivo dei soccorsi del mercantile King Jacob lo ha urtato, facendo ribaltare il barcone, già in situazione critica per lo spostamento dei migranti stessi, tutti affacciati sul lato volto verso il mercantile.



Chiarita, almeno in parte, la dinamica della tragedia, rimane ancora da definire il numero delle sue vittime. Per i pochi superstiti - 28 - le vittime oscillerebbero tra 400 e 950. Per il King Jacob, i migranti a bordo sarebbero stati circa 850. Il problema è proprio nella difficoltà di calcolare le persone imprigionate nella stiva. Intanto i 24 cadaveri recuperati sono stati trasferiti a Malta. I due scafisti sono in carcere, mentre i sopravvissuti sono stati ripartiti tra il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo e - un 16enne e tre 17enni - la struttura per minori di Mascalucia. Il superstite originario del Bangladesh è in ospedale.



La Procura di Catania sta raccogliendo le testimonianze dei passeggeri sopravvissuti, anche per cercare di ricostruire le modalità di imbarco. Un ruolo importante nelle indagini avrà un quaderno, usato come libro di bordo, rinvenuto accanto a uno dei cadaveri. Qui gli scafisti avrebbero annotato il numero dei passeggeri, le tappe del viaggio e i prezzi.



Intanto, un’inchiesta condotta dalla procura di Ragusa, dopo uno sbarco a Pozzallo, ha permesso di quantificare le “tariffe” degli sbarchi di lusso. Chi può pagare 8500 dollari, raggiunge l’Italia a bordo di uno yacht, e, giunto, in porto, si mescola tra i turisti, passando così indisturbato. La squadra mobile ha fermato alcuni scafisti siriani al comando di uno yacht battente bandiera turca su cui viaggiavano 98 persone tra siriani e palestinesi. Una “migrazione di prima classe” che porta nelle tasche degli organizzatori circa 800mila dollari a traversata.

A far scoprire lo sbarco, un guasto al motore che ha costretto gli scafisti a lanciare un sos. All’arrivo delle autorità italiane, i migranti hanno raccontato la storia.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Aprile 2015, 10:37
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