Ex Ilva, i commissari ora denunciano Mittal. I sindacati: «Non fermiamo le centrali elettriche»
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Le Rappresentanze sindacali unitarie dei sindacati metalmeccanici hanno convocato per lunedì mattina, alle ore 11, il consiglio di fabbrica dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal di Taranto, allargato ai delegati sindacali delle imprese dell'indotto, per decidere eventuali iniziative di mobilitazione. Brigati afferma che si stanno «prendendo in considerazione anche modalità che sarebbero diverse dalle forme solite, come manifestazioni classiche o scioperi».
Il problema, fa rilevare l'esponente della Fiom, è che «anche se gli altiforni restano in marcia, il governo deve chiedere di garantire le materie prime per consentire il proseguimento delle attività e della loro funzione. Senza materie prime la produzione si ferma». A favore dell'insubordinazione si sono già espressi i sindacati del settore elettrico, annunciando che «i lavoratori delle centrali non procederanno ad alcuna fermata degli impianti e di conseguenza rigettano al mittente la improvvida comunicazione aziendale».
Le segreterie Filctem-Cgil, Flaei-Cisl Reti, Uiltec-Uil e Ugl-Chimici spiegano che «anche il settore elettrico rischia di subire una notevole ripercussione occupazionale dalla parziale e/o totale chiusura degli impianti produttivi dello stabilimento Ilva.
Sono 100 i dipendenti diretti, al netto dell'indotto, più 9 lavoratori già in Cigs, allocati nelle due Centrali elettriche (Cet 2 e Cet 3)».
Rischia di deflagrare anche la vertenza dell'indotto. Le imprese che attendono il saldo delle fatture da parte di ArcelorMittal aspetteranno fino a lunedì. «Se questi soldi non arriveranno - teme Vincenzo Castronuovo della Fim Cisl - è molto probabile che le aziende metteranno in libertà i dipendenti. Siamo già stati convocati da Confindustria Taranto per martedì prossimo. Bisogna fare di tutto per disinnescare quella che sta già diventando una vera bomba sociale».
Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Novembre 2019, 18:51
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