Cocaina e babà, la storia di Pino Bozza: il ristoratore napoletano che ha sconfitto la dipendenza per realizzare il suo sogno

Amato e molto seguito sui social per le sue posizioni forti, l'imprenditore diventa ora protagonista di un podcast

Cocaina e babà, la storia di Pino Bozza: il ristoratore napoletano che ha sconfitto la dipendenza per realizzare il suo sogno

di Redazione Web

La storia di Pino Bozza è una di quelle che colpisce, una storia di rivalsa e determinazione ma anche di eccessi e cadute. «Da piccolo mia madre mi diceva sempre che con i soldi dell’ovetto Kinder avremmo mangiato per un giorno sia a pranzo che a cena. Oggi un bel pezzo di “chocolate” lo mangio tutte le volte che ne ho voglia!», scrive su Instagram, a incorniciare una foto in cui le mani tatuate afferrano il volante di una Mercedes.

Prima di aprire la sua trattoria "Antonio La Trippa a Napoli, Bozza era stato vittima di una grave dipendenza da cocaina. Era il suo sogno aprire un locale. Aveva prarparato le insegne, i manifesti e tutte le stoviglie griffate. Ma la droga ha rovinato tutto. È allora la decisione di entrare spontaneamente in una comunità per tossicodipendenti in Toscana e riprendersi la vita in mano.

La storia di Bozza è ora raccontata anche in un podcast, “Cocaina e babà” di Gabriella Simoni su Spotify. La giornalista e inviata di guerra del Tg5 ha deciso di narrare la storia del ristoratore napoletano, «un antieroe moderno che cerca il senso di una vita complicata e controversa. Non è un pentito e non si vergogna del passato perché è quello che determina chi è oggi. Nel bene e nel male».

Da anni Pino Bozza è sulla cresta dell'onda. Amato e molto seguito sui social si è sempre esposto con toni forti su molti argomenti, soprattutto legati al cibo. Nonostante la posizione periferica, il locale è sempre pieno, sia di giorno che di sera. Conta all’incirca 200mila persone all’anno ed è anche tappa fissa di tutti (o quasi) i personaggi famosi che soggiornano a Napoli.

L'imprenditore è finito nella cronaca locale più volte, nel bene e nel male.

Come quando dopo una video denuncia del deputato Francesco Emilio Borrelli, in cui il ristoratore veniva ripreso mentre sostava con la ferrari in un posto per disabili, Bozza rispondeva minacciando denunce. Alla fine arrivarono le scuse. Ma la vita di dell'imprenditore napoletano è fatta di cadute, da cui si è sempre rialzato.

La notorietà lo ha portato anche a subire diverse rapine. Due ragazzi giovanissimi avevano percorso in sella a uno scooter via Pietravalle, ai Colli Aminei, dove si trova il locale inaugurato nel 2011 e dopo essere entrati, quando il ristorante era vuoto, hanno puntato la pistola contro Pino Bozza, fuggendo con un bottino di circa 40 mila euro: un Rolex Daytona, un laccio d’oro bianco che portava al collo e alcuni bracciali. 

Un mondo, quello della criminalità, che ha visto da vicino più volte. Tra le centinaia di dipendenti che ha avuto, infatti, uno è stato speciale. Dimostrazione della sua generosità. Era Alessandro, faceva le rapine. «Qualche volta è capitato che litigasse con qualcuno, qualche volta che facesse a botte, altre che facesse tardi o che non venisse proprio a lavorare. Ma io non ho mai mollato la presa nei suoi confronti. Era un ragazzo che aveva talento, personalità», aveva raccontato su Instagram. Poi però Alessandro è stato ucciso a Milano, con un colpo di pistola.


Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Gennaio 2024, 19:58
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