Ecuador, evade Adolfo Macias, il re del narcotraffico. Caos nel Paese, uomini armati in diretta tv: dichiarato lo stato d'emergenza

Il super boss, condannato nel 2011 a 34 anni di carcere per diversi reati, fra cui traffico di droga e omicidio è fuggito, forse già da Natale, facendosi sostituire in cella da un sosia

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L'incredibile - e indisturbata - fuga dal carcere di un principe del narcotraffico, ennesimo episodio del clima di insicurezza e violenza che ormai da anni attanaglia l'Ecuador, ha spinto il presidente Daniel Noboa a decretare lo stato di emergenza per due mesi su tutto il territorio nazionale. La misura, la prima di questo genere adottata da Noboa, insediatosi al potere a novembre, prevede l'immediato intervento dell'esercito in tutte le prigioni ecuadoriane, un coprifuoco notturno fra le 23 e le 5 del mattino e limitazioni alle libertà di riunione e movimento e alla privacy nelle comunicazioni.

La fuga del super boss sostituito da un sosia

Adolfo Macías, conosciuto come "Fito", considerato il principale boss del narcotraffico del Paese e leader del gruppo criminale Los Choneros, sembrava «scomparso» dal carcere di massima sicurezza del Litoral di Guayaquil. Fino a ieri la polizia ipotizzava che si fosse «nascosto in qualche zona poco accessibile» della prigione. Il super boss, condannato nel 2011 a 34 anni di carcere per diversi reati, fra cui traffico di droga e omicidio, era invece fuggito, forse già da Natale, facendosi sostituire in cella da un sosia.

Le reazioni

Immaginabile che tale rivelazione abbia mandato su tutte le furie il capo dello Stato, che aveva fatto della lotta alla violenza e alla corruzione l'emblema della sua vittoriosa campagna elettorale, spingendolo a decretare la misura eccezionale. «È finito il tempo in cui la criminalità organizzata dettava al governo di turno cosa fare», ha dichiarato Noboa in un breve video diffuso attraverso i suoi canali social. Dopo aver indicato di aver dato «disposizioni chiare e precise» ai comandanti militari e di polizia affinché intervengano nel controllo delle carceri«, il capo dello Stato ha chiesto ai cittadini di sostenere le forze dell'ordine chiamate a garantire la convivenza civile.

 

Le violenze in tutto il Paese

Tuttavia le restrizioni previste dal decreto e la mobilitazione delle forze armate non sono servite, almeno nel primo giorno, a controllare davvero l'ordine pubblico nazionale, perché il Paese - che ormai si è conquistato il primato di più violento dell'America Latina - è stato travolto da un'ondata di violenze, che hanno terrorizzato la popolazione: attentati esplosivi, incendi di veicoli e infrastrutture, rivolte in sei carceri con il sequestro di secondini e agenti di polizia, e blackout elettrici. Secondo la polizia e le autorità locali, gli attacchi hanno riguardato ben sette province: Esmeraldas, Pichincha, Azuay, El Oro, Los Ríos, Loja, Chimborazo e Guayas.

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Non solo.

Le autorità ecuadoriane hanno dovuto ammettere oggi che un altro noto narcotrafficante e leader della banda dei Los Lobos, Fabricio Colón Pico, è riuscito a fuggire, insieme a una trentina di reclusi, dal carcere di Riobamba, nella provincia di Chimborazo, dove era stato rinchiuso appena tre giorni prima. Inoltre, se l'ingresso di 300 soldati dell'esercito nella prigione del Litoral di Guayaquil, da dove è fuggito "Fito", ha potuto riportare la normalità, così non è stato per altri centri di reclusione, come quello di Turi, dove i detenuti in rivolta hanno sequestrato 49 secondini e 12 persone addette alla cucina. O come ad Ambato, segnato da uno sciopero della fame dei reclusi che hanno sequestrato 15 guardie carcerarie.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 10 Gennaio 2024, 07:48
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