«L'inquinamento favorisce la diffusione del Covid-19»
Nello studio internazionale c'è la firma di un ternano.
di Aurora Provantini
«Vanno anche considerate le caratteristiche epidemiologiche. Ad esempio, i tassi di mortalità sono stati più elevati tra gli anziani e sono deceduti più uomini che donne, anche perché sono stati più gli uomini (62%) ad ammalarsi di Coronavirus, rispetto delle donne (38%). Ma questo potrebbe essere attribuito al fatto che ci sono più fumatori tra la popolazione maschile che tra quella femminile». Si tocca l’aspetto delle condizioni fisiche degli ospedali «con condotti d’areazione inappropriati che avrebbero favorito la circolazione del virus». Tra il 1997 e il 2015 sono stati dimezzati i posti letto in terapia intensiva, facendo trovare l’Italia impreparata all’emergenza in corso.
«Anche il clima può aver svolto un ruolo importante - riporta lo studio - temperature e umidità più elevate possono bloccare la diffusione del virus e ridurne la persistenza. Di recente si sta prestando maggiore attenzione al possibile ruolo dell'inquinamento. La correlazione tra indice di inquinamento dell'aria e aumento della mortalità è stata inizialmente ipotizzata per la Sars ed ora sostenuta per il Covid-19». Quindi c’è una relazione tra l'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione del virus. Lo studio apre la strada a nuove indagini tese a rilevare la presenza del Covid-19 nelle particelle d’aria delle singole città. «Perché il particolato atmosferico - spiega Camilli - sembra agire sia come vettore del virus, facilitando la sua penetrazione e diffusione, sia permettendo la sua sopravvivenza in forma attiva per ore e persino giorni».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Maggio 2020, 20:46
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