La Lazio è rinata nel segno di Tudor, il cambio di tecnico ha portato 12 punti

Riacceso persino il sogno Champions

La Lazio è rinata nel segno di Tudor, il cambio di tecnico ha portato 12 punti

di Alberto Abbate

Inchiniamoci al cospetto dei numeri d’oro del nuovo regno di Tudor. All'esordio nel 2005 sulla panchina della Lazio, e negli ultimi 65 anni, solo Delio Rossi aveva fatto meglio, con quattro successi casalinghi di seguito. Contro il Verona arriva la terza vittoria consecutiva all'Olimpico, la quinta totale (su sette gare) dal suo sbarco. Esperimenti ed elementi adattati fuori ruolo nel 3-4-2-1, così come il gioco, non convincono ancora del tutto, ma i risultati sono quasi tutti dalla parte del croato: da 1,4 punti a partita a una media di 2,5 col cambio tecnico; 12 punti totali, nel girone d’andata erano appena 2 contro le stesse avversarie in campionato. È vero, pesano il ko contro la Juve nella semifinale di andata di Coppa Italia a Torino e il derby perso in ottica Champions, ma ricordiamoci che a metà marzo la Lazio sembrava morta e ogni sogno già svanito. Oggi invece è tornata la speranza di un quinto posto, difficile da raggiungere, ma non impossibile con la Roma a +4, che dovrà affrontare la Juve e poi l’Atalanta nello scontro diretto. Il primo merito di Tudor è aver ridato vita a una squadra, che aveva perso anima e fisico. Su questo Lotito ha centrato il punto: «Igor ha portato carattere e trasmesso il suo spirito guerriero». I biancocelesti sono tornati a correre, lottare, l'allenatore ha persuaso tutti a seguirlo, lì dove Sarri sembrava ormai aver perso il polso.

ORGANICO TESTATO

I tifosi sorridono, si arrovellano sulle distinzioni fra calcio antico e moderno. A volte, però, la svolta è dovuta solo a un semplice cambiamento. Ecco perché rimane il rimpianto di non aver avuto la forza economica di favorirlo a novembre dopo la debacle di Salerno (con 16 milioni lordi ancora a bilancio), quando tutto era già chiaro, invece di attendere che Sarri facesse un passo indietro.

In un batter d’occhio, la Lazio è di nuovo intensa, usa il lancio lungo, ha un altro approccio nel secondo tempo, attacca di più l’area e lo spazio, tira in porta 17 volte, è imprecisa sotto porta (solo 5 conclusioni nello specchio), ma ora basta persino l'1-0, assistito dalla sorte (vedi Genova con Ekuban o, sabato, il miracolo di Mandas) quando c'è qualche sbavatura dietro (appena due reti subite, nel computo). La fortuna aiuta gli audaci come Tudor. Il suo secondo merito è aver coinvolto tutti nel suo progetto: in sette partite ha utilizzato 19 titolari diversi, quasi tutto l’organico. Solo Pellegrini, Rovella (reduce però da due mesi di stop per pubalgia) e Provedel (infortunato già prima del suo arrivo) non sono ancora partiti dall’inizio.

IL FUTURO ADESSO

Il futuro è adesso. Tudor lo sta costruendo senza paura alcuna delle critiche e di eventuali incidenti di percorso: «Con la società non abbiamo fissato obiettivi per questo finale, vogliamo arrivare più in alto possibile in campionato». Igor sa che Lotito e Fabiani non possono pretenderlo, ma sperano in quella Champions, che avrebbe un impatto clamoroso sul prossimo mercato. Non fissare pubblicamente quel traguardo sta togliendo pressioni, favorendo il suo lavoro e un atteggiamento spericolato. Ma Tudor ci crede, eccome, altrimenti non starebbe spremendo al massimo Felipe Anderson, Kamada e Luis Alberto, migliori in campo con le valigie in mano. Il croato ha firmato fino al 2025, chiederà sostituti veri per firmare il rinnovo, dopo aver scansato l’opzione per un altro anno. Non basterà mica aver preso casa in affitto a via Nemea, nello storico comprensorio che fu del mito Bob Lovati, per mettere radici alla Lazio.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Aprile 2024, 06:40

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