Non sono un assassino, la recensione: malgrado gli attori di talento qui, a morire, è solo il film
di Boris Sollazzo
Il problema drammatico di Non sono un assassino è la sceneggiatura, è lei ad uccidere il film. Non tanto nella struttura, quanto nei dialoghi e nel ritrarre i personaggi principali, caratterizzandoli in alcuni momenti in modo derivativo e caricaturale. Dalla voce roca di Claudia Gerini, modello Brando, a un Edoardo Pesce, talento pazzesco, qui messo in difficoltà dall'essere stato disegnato come un Servillo wanna be, mantenendo però il coté Dogman-Fortunata su cui rischia sempre di più di essere schiacciato. Scamarcio porta a casa la pagnotta con mestiere, ma non è ai suoi livelli soliti, Boni ha forse il compito più difficile perché ha il personaggio scritto peggio. Tanto che ti chiedi se, forse, i due non avrebbero dovuto vestire l'uno i panni dell'altro, guadagnandone entrambi. Inoltre tutti, nessuno escluso, sono costretti a pronunciare varie battute che non di rado rischiano e in alcuni casi passano il confine della comicità involontaria. Non il massimo per un'opera che ambisce a indagare il lato oscuro dell'uomo e della società. A questo aggiungiamo un rimpallo di flashback e flashforward caotico e macchinoso che anestetizza anche le svolte di sceneggiatura più interessanti e il pasticcio è fatto.
Ultimo aggiornamento: Martedì 28 Maggio 2019, 07:47
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