Ultimo episodio di una serie di aggressioni fisiche e psicologiche, di ordini e imposizioni. Solo un mese prima la polizia, dopo un analogo intervento, lo aveva denunciato. E la famiglia, sulla scorta delle recenti disposizioni della questura di Roma di tenere alta l’attenzione sulle situazioni familiari più a rischio in relazione al periodo di quarantena, era monitorata dal pool di investigatori antiviolenza del commissariato di Tivoli, coordinati dall’ispettore superiore Davide Sinibaldi. Sull’uomo pendeva una richiesta di rinvio a giudizio per fatti analoghi risalenti al 2018. Anche allora era finita in ospedale, con 15 giorni di prognosi. Lui per gelosia, l’aveva aggredita in strada e lei, nonostante le ferite, era riuscita ad arrivare dai carabinieri. La situazione familiare, poi, si sarebbe sempre più aggravata: tra le continue umiliazioni davanti ai figli e l’abitudine di allontanarsi da casa nonostante la quarantena. Perciò qualche sera fa, quando dopo giorni di assenza si è presentato in famiglia, la compagna ha tentato di opporsi proprio per questioni di sicurezza legale all’emergenza sanitaria. Ma poi ha dovuto cedere perché lui urlava che voleva vedere i bambini. Di lì a due giorni è esplosa la violenza, probabilmente anche a causa dell’abuso di alcol. E lei ha chiesto aiuto.
I poliziotti hanno trovato la donna con i figli attaccati, come a volerle fare da scudo.
L’uomo, anche davanti agli agenti, ha continuato ad insultare e provocare la compagna. Ora il quarantatreenne si trova nel carcere di Rebibbia, in attesa di giudizio. «Ormai vivere così è una tortura – si è disperata la sua vittima - L’altra sera mentre mi si avventava contro aveva gli occhi come iniettati di sangue. Ho temuto che mi ammazzasse davanti ai miei figli».
Ultimo aggiornamento: Martedì 28 Aprile 2020, 12:26
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