La famiglia di Chiara ora chiede all'imputato un milione di euro, come disposto dai giudici d'appello, ma i difensori di Stasi - che hanno presentato ricorso in Cassazione, così come la Procura generale - definendo la sentenza «gravemente viziata, oltre che costellata da macroscopiche violazioni sia dei diritti fondamentali dell'imputato che della delle processuale penali», intendono attendere il verdetto della Suprema Corte.
Intanto Alberto Stasi vive un momento molto delicato anche perché, nei giorni successivi alla condanna, si è chiuso il suo rapporto di lavoro con lo studio commercialista in cui era impiegato. I clienti dell'ufficio non avrebbero infatti gradito di essere seguiti da un professionista condannato per omicidio. Disoccupato, dunque, e con scarse possibilità di trovare un altro impiego in attesa del processo la cui data d'inizio la Suprema Corte deve ancora fissare. Forse in autunno, ma non è escluso che si arrivi al 2016.
Dopo la condanna, la Procura Generale non ha preso in considerazione la possibilità di arrestarlo tenendo conto che il giovane, non ha mai manifestato la minima volontà di allontanarsi dall'Italia.
A Stasi non resta che sperare ricorso presentato alla Cassazione.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 14 Agosto 2015, 12:51
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