«A meno che non avvenga un miracolo, siamo condannati. E' solo questione di giorni». Così Ilya Samoilenko, 27enne comandante in seconda dell'ultimo reparto che resiste nel complesso siderurgico di Azovstal, a Mariupol, parla in un'intervista a Repubblica. La situazione ad Azovstal è «la stessa di ieri e dell'altro giorno e di quello prima ancora - racconta Samoilenko - ormai sono sette giorni, forse otto, ho perso il conto, che il tempo non scorre più, che non riusciamo più a distinguere il giorno dalla notte; otto giorni che la pressione del nemico aumenta, che attacca con forza usando i carrarmati, i cannoni della marina, gli aerei, tutto».
«Le munizioni sono il problema principale. Ne abbiamo per resistere una settimana, forse due, poi basta. Stessa cosa per i viveri e l'acqua. E zero armi pesanti ormai, zero tank, zero mortai, zero blindati. Zero. In realtà nessuno, nemmeno noi, prevedeva che i combattimenti sarebbero durati così a lungo», spiega il militare, ribadendo: «Vogliono ammazzarci. Tutti. Uno per uno. Abbiamo avuto casi di compagni catturati.
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«Quali gli ordini? Resistere - aggiunge il comandante - continuare a resistere. Ancora una settimana. E poi un'altra. Lo Stato maggiore sa che ogni giorno guadagnato dal nostro resistere è un giorno che l'aggressore ha perduto. E il popolo ucraino guarda a noi: finché noi teniamo duro, anche il popolo tiene duro. Capitolare sarebbe una mazzata». Quindi, il suggerimento di Ilya Samoilenko di inviare una nave per Mariupol scortata da una forza nazionale o internazionale.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 16 Maggio 2022, 12:01
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