Massimo Antonelli: «È una guerra di trincea, le donazioni salvano vite»
di Simone Canettieri
Professor Antonelli, fino a quando la situazione nella Capitale potrà dirsi sotto controllo?
«La nostra fortuna, se così si può chiamare, è quella di aver avuto a che fare in ritardo, rispetto al Nord, con il virus. Altrimenti, come sta succedendo a tanti miei colleghi in Lombardia o in Veneto saremmo stati travolti anche noi dall'emergenza».
Si è mossa in questi giorni la macchina degli aiuti e della solidarietà. Anche il Messaggero sta facendo la sua parte. Quali sono le vostre priorità?
«Le donazioni in denaro sono fondamentali per l'acquisto di macchinari. Dal banale, che banale non è, ecografo, ai ventilatori. L'apertura di nuovi posti letto è legata alla reperibilità dei ventilatori, per esempio, è in questa fase stiamo rigenerando diversi macchinari. Non stiamo lasciando niente di intentato, le stanze sono state trasformate in tempo straordinario. Rispetto al Nord abbiamo avuto il vantaggio di avere avuto più giorni per prepararci».
Per evitare di dover scegliere chi salvare?
«Questo è un incubo che molti miei amici e colleghi del Nord stanno vivendo. Una rincorsa quotidiana verso la vita contro la morte».
Riesce a vedere la luce in fondo al tunnel della corsia?
«Torneremo ad abbracciarci, ma a costo di essere ossessivi ripeto che non bisogna uscire e lavarsi benissimo le mani. Quelle delle miei colleghi sono spaccate, ferite, screpolate».
Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Marzo 2020, 09:47
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