Yara, Bossetti choc: "Ho tentato il suicidio.
Quel Dna non è mio, non sono Totò Riina"

Yara, Bossetti choc: "Ho tentato il suicidio. Non sono Totò Riina"
Anche la moglie di Massimo Bossetti, Marita Comi ha voluto essere in aula quest'oggi per il secondo giorno di interrogatorio del carpentiere di Mapello, unico imputato per l'omicidio di Yara Gambirasio. Nella scorsa udienza, Bossetti aveva detto di non aver mai visto, né conosciuto la tredicenne. «Prima di me in quest'aula hanno mentito tutti», aveva affermato nel corso di un interrogatorio durato circa un'ora. Oggi Bossetti continuerà a rispondere alle domande del pm Letizia Ruggeri. 

«Quel dna non mi appartiene». Per la prima volta, Massimo Bossetti, imputato per l'omicidio di Yara Gambirasio ha messo in dubbio, nel corso del suo interrogatorio, che il dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia suo. «È un dna strampalato, e che per metà non corrisponde», ha detto il carpentiere a proposito della mancata corrispondenza tra il dna nucleare e quello mitocondriale. 

«È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda - ha proseguito Bossetti - visto che non ho fatto niente e voi lo sapete». Il pm Letizia Ruggeri ha ribattuto che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e un altro che gli elementi a suo carico sono stati giudicati tali da sostenere un giudizio. «Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei». 

TENTATO SUICIDIO «Se uno è innocente, su che cosa deve cedere?», ha detto Massimo Bossetti, rispondendo alle domande dei suoi avvocati che gli chiedevano se avesse subito pressioni, in carcere, perché confessasse. «Ho ricevuto pressioni da tutti», ha spiegato senza fare dei nomi. Bossetti ha aggiunto che sua moglie, durante i colloqui, gli fece un «quarto grado». «Se avessi mentito me lo avrebbe letto negli occhi». Bossetti oggi in aula ha raccontato che, dopo essere stato arrestato, era «disperato, distrutto». «Ho tentato il suicidio», ha aggiunto. «La cosa che mi ha permesso di andare avanti è stata l'unica fotografia che avevo in cella: quella della mia famiglia». 

"MAI RICERCHE SU RAGAZZINE" Massimo Bossetti, durante i suo interrogatorio al processo per l'omicidio di Yara Gambirasio ha detto di non aver mai fatto ricerche su ragazzine o tredicenni come invece risulta dall'analisi dei suoi due computer di casa. «No, assolutamente - ha risposto -, sono sincero, non esistono ricerche di questo genere nei nostri computer, assolutamente». Bossetti ha aggiunto che talvolta «in intimità, quando i bambini erano a letto» lui e la moglie guardavano dei siti pornografici. Mai, però, quelli riguardanti ragazzine. «A me piace anche la cronaca nera», ha aggiunto e, per questo, faceva ricerche o leggeva i giornali. 

"OMICIDIO FATTO PER INGUAIARMI" Massimo Bossetti, dopo il suo fermo, pensò che Yara Gambirasio «era stata uccisa per mettermi nei guai». Il carpentiere lo ha detto quando il pm Letizia Ruggeri gli ha chiesto per quale ragione volle essere interrogato e disse di sospettare del collega Massimo Maggioni, ai danni del quale è imputato per calunnia. 

«Era una detenzione devastante, cruda - ha aggiunto - e io pensai alle persone che avevo vicino in cantiere». Bossetti pensò che Maggioni nutrisse del malanimo nei suoi confronti e lo chiamò in causa per cercare di spiegare come il suo Dna potesse essere stato trovato sul corpo di Yara. «Mi scuso con Maggioni Massimo - ha concluso Bossetti - per aver detto queste cose sbagliate».

«Non sapevo come fare, stavo svenendo, non capivo più niente. Non avevo mai visto tante forze dell'ordine, come se fossi uno spacciatore, neanche fossi stato Totò Riina». Bossetti, imputato per l'omicidio di Yara Gambirasio, ha ricostruito in questo modo gli instanti del suo fermo, il 16 giugno 2014, nel cantiere di Seriate in cui fu fermato per l'omicidio di Yara Gambirasio. 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 11 Marzo 2016, 16:52
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