Israele al voto, il premier uscente Netanyahu:
"Con me non ci sarà mai uno stato palestinese"

MILANO - Falchi contro colombe. Quello che succederà nei prossimi quattro anni in Israele e a effetto domino in tutto la pentola a pressione mediorientale si decide in questo martedì di elezioni nello Stato ebraico: sei milioni di israeliani sono chiamati ad eleggere la XX Knesset - il Parlamento di Gerusalemme - e quindi il nuovo primo ministro.





Dopo nove anni al potere, il premier Benjamin Netanyahu, leader indiscusso del partito di destra Likud, sembra aver perso terreno nei sondaggi nei confronti della coalizione di centrosinistra guidata dal leader laburista Isaac Herzog e dalla centrista Tzipi Livni, alleati nel cartello elettorale “Unione sionista”. Paga Netanyahu lo scotto della recessione economica, che ha impoverito le fasce più deboli.



Ma non ci sta a lasciare il Paese in mano alla sinistra e ieri in un comizio nella controversa colonia di Har Homa, l'insediamento ebraico a Gerusalemme est considerato illegale dalla comunità internazionale, ha calato il suo asso che suono quasi come una dichiarazione di guerra: «Se sarò premier io, non nascerà mai uno Stato palestinese». Ha annunciato nuovi insediamenti israeliani a Gerusalemme est, in Giudea e in Samaria. «Gerusalemme sarà sempre più fortificata perché non si possa dividere. E non scarcereremo mai più i terroristi».



Ben altri i toni dello sfidante Herzog, che ha ottenuto l'appoggio anche dell'ex premier laburista Ehud Barak e dell'ex presidente Shimon Peres: «Sarò il presidente di tutti, ebrei e arabi, drusi e circassi, poveri e vecchi, abitanti delle città e delle periferie». Oggi gli israeliani decidono, ma il risultato è così in bilico che il centrosinistra potrebbe vincere ma non ottenere il quorum di 61 seggi necessari per sostenere il governo alla Knesset.

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Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Marzo 2015, 12:16
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