Torture al Beccaria, gli agenti si difendono: «Noi abbandonati a noi stessi». Quella mail della direttrice e le intercettazioni choc

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Le omissioni

Come scritto dall'aggiunto Letizia Mannella e dei pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena nella richiesta di custodia cautelare da cui è scaturita l'ordinanza del gip Stefania Donadeo, il «metodo di violenze» attuato nel carcere minorile Beccaria di Milano «ha avuto il suo principale fondamento nel contributo concorsuale omissivo e doloso di una serie di figure apicali, con posizione di garanzia effettiva nei confronti dei detenuti» e «fra questi» l'ex «comandante della Polizia Penitenziaria», Francesco Ferone, poi sospeso, «che ha consapevolmente agevolato e rafforzato le determinazioni criminose dei suoi sottoposti»

A finire negli atti d'inchiesta anche le «relazioni ispettive» del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. In particolare, presso l'istituto «nel corso del 2022 - si legge - sono state compiute un'ispezione ordinaria (tra il 17 ed il 19 gennaio) e tre straordinarie (il 4 aprile, il 4 maggio ed il 26 dicembre cioè nel giorno seguente l'evasione di un gruppo di detenuti)». L'ispezione dell'aprile 2022 era stata «eseguita in relazione agli episodi di violenza sessuale e di aggressione subita» da un giovane «da parte di altri detenuti». Da quella relazione, come si legge, veniva a galla una «non adeguata condivisione delle informazioni di interesse con l'Area Sicurezza, rilevanti per la gestione dei detenuti all'atto del loro ingresso in Istituto».

Successivamente, scrivono i pm, «il direttore» del carcere «assicurava un immediato confronto con le diverse aree» interessate «e la predisposizione di procedure migliorative di presa in carico e di condivisione delle informazioni tra tutti gli operatori che interagiscono sul percorso penitenziario dei minori». Pur dovendo compiersi «approfondimenti investigativi ulteriori in ordine al contesto generale consolidatosi all'interno» del Beccaria, segnala la Procura, «non vi è dubbio che il contenuto delle relazioni segnali un generale degrado nei rapporti fra gli operatori del carcere e fra questi ultimi e i detenuti». In particolare, risulta ancora dagli atti, «emergono profili rilevanti di omessa vigilanza da parte del personale rispetto a plurimi episodi violenti anche di natura sessuale accaduti fra i detenuti all'interno delle celle, con una frequenza temporale particolarmente significativa».

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