Fiumi di cocaina al porto di Gioia Tauro: blitz contro i doganieri infedeli. «Narcos promettevano pensioni d'oro»

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Le intercettazioni

Nel fascicolo di indagine ci sono anche le dichiarazioni di Raffaele Imperiale, il boss della droga campano arrestato nella precedente operazione «Tre croci» e diventato collaboratore di giustizia che parla del sequestro di 2.226 chili di cocaina avvenuto a Catania riferendo che avevano avuto la segnalazione di non avvicinarsi al container perché sarebbero stati arrestati. Ad informarli, secondo l'accusa, sarebbe stato Solano che, in un'intercettazione, dice: «Sì, sono stato io a dirglielo! Li ho salvati… gliel'ho detto io: 'Non andate ché vi arrestano'».

Come scrive il Corriere della Calabria poi, un altro collaboratore di giustizia, Bruno Carbone, ha raccontato dettagli in merito ai traffici intorno al porto di Gioia Tauro, che secondo lui era "sotto il comando di Bartolo Bruzzaniti", detto "Gandhi", originario di Locri e arrestato in Libano, "un noto narcotrafficante". Il denaro per la cocaina arrivava con un clic da Panama, Ecuador o Colombia. Secondo gli inquirenti era proprio "Gandhi" ad appoggiarsi a questa struttura operativa di doganieri infedeli: a qualcuno di loro avrebbe promesso una "pensione dorata" come contropartita per i suoi servigi.

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