Una barella entra nel pronto soccorso dell’ospedale di Cortina d’Ampezzo. Sopra è steso un ragazzo appena caduto su una pista da sci, è un «codice rosso». Dietro c’è il padre, Piero Cometti, un famosissimo chirurgo plastico. Inizia così il nuovo romanzo di Angelo Mellone “Nelle migliori famiglie”. Tarantino d’origine, romano d’adozione, Mellone è vicedirettore di Rai Uno. Il libro si svolge tra via Cortina D’Ampezzo, strada residenziale di Roma Nord e Cortina d’Ampezzo, perla delle Dolomiti. Una famiglia, padre famoso chirurgo plastico, madre importante presentatrice televisiva, si ritrovano al capezzale del figlio minore, dopo aver già perso il primo in un incidente stradale.
Un nuovo romanzo: c’è un filo rosso che tiene assieme personaggi e trama di "Nelle migliori famiglie"?
«Mi incuriosiva provare a raccontare come può essere possibile che una coppia che si è tanto amata e con così tanto coraggio da mettere in piedi una famiglia numerosa, da un giorno all’altro salti per aria. Certo, in questo caso arriva un evento terribile – la morte del più grande dei quattro figli, investito da un’auto pirata – a fare da detonatore, ma i protagonisti, Piero ed Elisabetta, sono incapaci di condividere questo dramma, si chiudono a riccio, ognuno lo vive chiuso in se stesso. E così accade che in pochi mesi una moglie e un marito che stanno insieme dai tempi dell’università diventino reciprocamente estranei. E deve arrivare un’altra potenziale tragedia a costringerli a fare di nuovo i conti l’uno con l’altra…»
Stop, sennò raccontiamo troppo. Si chiede sempre: come Ti è venuta l’idea?
Da tempo volevo scrivere qualcosa sulla famiglia, avevo in mente questo titolo ma è rimasto tutto a galleggiare fin quando un giorno, sul lungotevere davanti allo Stadio Olimpico, non mi si sono visualizzate le sagome – dico proprio le sagome, non so disegnare altrimenti te le mostrerei – di Piero ed Elisabetta, in questo romanzo che in effetti è molto diverso dai miei precedenti. Io ho sempre scritto romanzi con molta trama, molte cose che accadono, intrecci complessi e a volte ostici, qui invece abbiamo una unità narrativa di luogo: tutto il presente del libro si svolge dentro la sala d’attesa di un pronto soccorso. Inoltre, i personaggi non sono tantissimi, quelli che compaiono è come se apparissero su un palco portando qualcosa – un oggetto, un ricordo, una rivelazione – che mi serve per portare avanti la storia e man mano approfondire i caratteri di Piero ed Elisabetta. Ci si potrebbe ricavare anche un lavoro teatrale, credo, spero».
Lei è tarantino di origine, ma romano d'adozione. Vive a Roma Nord, come i protagonisti del libro. Quando c'è del suo vissuto, magari anche non direttamente da lei, in questo libro?
«Quando si conoscono negli anni Novanta, Elisabetta, figlia di una famiglia conservatrice e destinata a diventare una famosa conduttrice televisiva, vive a Vigna Clara. Invece Piero, secondogenito di un cardiologo, un barone universitario legatissimo al Pci, vive nel centro storico. Elisabetta e Piero sono diversi per idee politiche, carattere, interessi, ma entrambi appartengono all’alta borghesia, vanno a vivere in via dell’Anima, quando si separano Piero prende in affitto un attico a piazza del Parlamento.
È un libro sulla famiglia tout court o sulle ambizioni personali che possono minarla?
«È un libro che cerca di rispondere a una domanda: quanto si può tirare la corda dell’ambizione personale, del desiderio di successo, della libertà individuale, del desiderio o dei desideri – delle vanità, come si legge nel romanzo – senza che si spezzi la corda del legame d’amore, possa essere quello fra moglie e marito o fra genitori e figli. In questo circo dei sentimenti, lo ammetto, non è che amici e parenti di Piero ed Elisabetta facciano una grande figura, con una sola eccezione che si scopre verso la fine del libro».
La famiglia, sia nel cinema sia nella letteratura, soprattutto italiana, viene raccontata con un accento negativo. Possiamo definire il suo libro, invece, in difesa della famiglia?
«In buona parte lo è, o almeno è un punto di vista che non considera la famiglia come una gabbia, un luogo di nevrosi o un luogo del passato destinato a scomparire. La famiglia è una comunità, e come tutte le comunità vive anche di mediazioni, compromessi, conflitti, ipocrisie, è un progetto e come tutti i progetti è sottoposto al rischio del fallimento, è un sacrificio e come tutti i sacrifici pesa, è più facile pensare solo a se stessi e non anche ai figli. Ma i grandi ingegneri sociali della “fluidità” non hanno creato ancora un posto migliore dove custodire i sentimenti e proteggere la crescita dei bambini. Questo romanzo mette la crisi della famiglia all’inizio e non alla fine dei libro, e man mano, interrogando i protagonisti, immergendoli in una rete di rivelazioni, li spinge a mettersi in discussione. Volendo, “Nelle migliori famiglie” è una specie di manuale di educazione sentimentale».
Angelo Mellone, Nelle migliori famiglie, Mondadori, 288 pagine, 17.10 euro
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