Andrea Giambruno, la Porsche sotto casa di Giorgia Meloni e l'indagine sugli 007: spie o "ricettatori", cosa non torna

Il sottosegretario Alfredo Mantovano si è limitato a dire che «la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio»

È la notte tra il 30 novembre e il primo dicembre 2023, due uomini si aggirano attorno alla Porsche di Andrea Giambruno. Il giornalista Mediaset è già da un mese l'ex compagno della premier, mentre Giorgia Meloni in quel momento si trova in missione a Dubai. Semplici malintenzionati o l'incipit di una spy story? A raccontare l'episodio è stato domenica il quotidiano Domani, e anche la Procura di Roma indaga.

 

 

L'auto di Andrea Giambruno

Nella ricostruzione del quotidiano, un'auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino, dove la premier ha da poco acquistato una villetta. Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c'è però una volante della polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come «colleghi» senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull'accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti - sempre secondo l'articolo del Domani - il capo della polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, l'Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier. Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale e il capo Francesco Lo Voi se ne sarebbe occupato in prima persona. 

 

L'Aisi

Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell'Aisi, l'Agenzia d'intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni ma che la stessa premier - scrive il Corriere della Sera - avrebbe chiesto di allontanare. I due vengono quindi trasferiti all'Aise, l'agenzia che invece si occupa dell'estero. In seguito però le indagini dell'Aisi scagionano gli 007 che quella notte - e lo testimonierebbero le celle telefoniche - si trovavano altrove. I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell'auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell'Aisi, sbarrando la strada a uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell'Agenzia che ha investigato sul caso.

 

La sicurezza della premier

Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che «gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell'intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio».

 

Cosa non torna

Il Corriere oggi ricostruisce i dettagli che non torrnerebbero nella vicenda. Il sottosegretario Alfredo Mantovano ha rassicurato sulla sicurezza della premier, ma non ha spiegato né perché la stessa Aisi ha inizialmente identificato i due uomini come suoi agenti, né perché i due, ormai scagionati, siano stati spediti in Tunisia e Iraq e da allora mai più rientrati in Italia.  E ancora perché, se facevano parte della scorta della premier, quella sera si trovassero altrove e la stessa Giorgia Meloni ne avesse chiesto l'allontanamento da tempo. 

 

Furto o 007

Gli scenari a questo punto sono numerosi: che i due volessero piazzare - o togliere - una cimice dall'auto di Giambruno? O che si sia trattatato di ladri, o ricettatori - come scrive oggi Il Giornale - intenzionati a rubare solo la portiera della Porsche parcheggiata sotto casa della premier. 

 

Leggi l'articolo completo su
Leggo.it