Il nuovo disco si intitola “Buona fortuna” ma dobbiamo augurarla a lui, ad Ermal Meta, per le nuove avventure che si appresta a vivere. In ordine di importanza: la nascita della prima figlia (che si chiamerà Fortuna), l’album che esce il 3 maggio (Columbia/Sony), il tour che patirà il 13 luglio dal Teatro Romano di Verona (a Roma il 5 settembre), il debutto da “presentatore” al Concerto del Primo Maggio al Circo Massimo.
Meta, partiamo da Fortuna, di cui sarà papà a breve.
«L’augurio è per lei ma anche per tutti noi. È quello di trovare la nostra strada e il nostro posto nel mondo. Perché la fortuna, al contrario del caso, puoi guidarla, indirizzarla, è l’energia vitale che ci accompagna. E in un momento come questo, così buio, in cui mai come prima il nostro futuro è messo in discussione, in pericolo, mi sembrava l’augurio più giusto da lanciare».
Musicalmente i 12 brani sembrano un mix di influenze diverse, dal cantautorato al sound anni 80.
«Non ho mai fatto album di genere, lo troverei noioso, la musica è bella tutta. Qui c’è un po’ quel che sono stato finora, da La Fame di Camilla ad oggi».
Jake La Furia in “Male più non fare” e Levante in “Io e te” sono le voci di due featuring.
«Due scelte che hanno la stessa motivazione. A volte, quando finisci una canzone, hai come una sensazione di incompiuto, che ci sia qualcosa di lasciato in sospeso.
Spulciando tra i versi si può parlare di un album che invita alla speranza.
«Un invito a fare: fare è l’unico modo che abbiamo per vivere, non arrendersi mai, sognare da svegli. Non conosco altre vie. Il fatto è che siamo presi da una velocità insensata, dalla voglia di dimostrare che siamo sempre sul pezzo, i più bravi, i primi e tutto questo ci costringe a rimanere in superficie. Abbiamo dimenticato che perfino all’interno di un dolore ci può essere bellezza, altrimenti a che servirebbe soffrire se non si impara niente?».
Da metà luglio riparte in tour.
«Il momento più bello, senza dubbio. Si torna a guardare in faccia il pubblico. I teatri all’aperto sono meravigliosi anche se a volte troppo grandi. Il palazzetto ti mette ansia, lo stadio è uno spazio esagerato. La mia comfort zone resta sempre il club. Non mi sono mai divertito così tanto come nel 2019 quando nei locali ho fatto i concerti in quartetto».
Come sta la musica da noi?
«Bene, lo dicono i numeri. C’è una grande offerta che abbraccia tutti i gusti».
Da veterano a Sanremo ha accompagnato il giovane Maninni.
«Veterano? (protesta sorridendo) Ma io mi sento ancora giovanissimo, quasi una “nuova proposta”… Mi ha fatto piacere accompagnare Alessio, che essendo pugliese è un mio conterraneo. Certo, il pop non attraversa un momento felicissimo, è il momento dell’urban, ma i gusti cambiano con i tempi, anche velocemente: il suono che oggi va per la maggiore domani magari non sembrerà più così bello».
Si sta preparando per il ruolo di presentatore del “Concertone”?
«Inutile dire che non è solo un evento musicale, quello del Primo Maggio, non è solo il live gratuito più grande d’Europa: c’è alla base una sensibilità sociale in questo modo di celebrare la Festa dei Lavoratori. Specie in un momento in cui la sicurezza sul lavoro è un tema centrale, insieme alla pace e alla giustizia sociale. È un palco libero, ognuno potrà esprimere il proprio parere. Io e Noemi saremo soprattutto i traghettatori, i punti di raccordo dello spettacolo».
Teme le polemiche?
«Quelle ci saranno sempre. Ma lavoreremo con coscienza e responsabilità».
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