Migranti, il dramma dei profughi in un video documentario choc

Migranti, il dramma dei profughi in un video documentario choc
Il dramma dei migranti. Il video si apre con il pianto a dirotto di un neonato su un barcone stipato di disperati al largo della Libia, avvicinato da una lancia della Ong Proactiva Open Arms (Poa). Il primo a essere trasferito a bordo della motonave 'Austral' è un ragazzo in agonia che, nonostante il massaggio cardiaco praticato dai volontari in una corsa contro il tempo, non ce la farà.




E l'orrore continua, con il ritrovamento del cadavere di un altro neonato. Con 480 persone caricate a bordo, la motonave riceve un nuovo avviso di Sos nella zona Sar(ricerca e soccorso) al largo delle coste libiche.



Partono le lance e, tre ore dopo, saranno 575 le persone ammassate sull'Austral, in balia delle onde alte tre metri, alla ricerca impossibile di un porto in cui riparare e con gli aiuti in alto mare che non arrivano. Storie di ordinaria tragedia a una manciata di miglia dalle coste della Fortezza Europa. A documentarle è Paula Palacio, regista spagnola specializzata in tematiche delle donne, migrazioni e rifugiati, durante le riprese di 'Cartas Mojadas', (Lettere bagnate), il lungometraggio prodotto dall'Instituto de la Cinematografia y de las Artes Visuales (ICAA) e la cui uscita è prevista per fine anno. Ma l'emergenza umanitaria non può attendere e, per questo, la regista ha appena pubblicato un video in Vimeo, in supporto all'azione di Open Arms.
 


Non servono le parole, bastano le immagini dei volti distrutti del capitano e degli altri volontari, per le vite andate perdute, a dare conto della magnitudine della tragedia. Nei 15 giorni documentati, Open Arms riuscirà comunque a salvare 905 persone. «Il video è una sorta di anteprima di 'Cartas Mojadas', il documentario che ha come punto di partenza le lettere ritrovate sulla riva di una spiaggia lontana, che rimandano alle storie di varie donne rifugiate, separate dai propri figli nel momento di fuggire dai propri paesi d'origine», spiega la regista. Dal 2015 Paula Palacio ha seguito i percorsi e le peripezie di queste madri per comunicare con i propri figli, ai quali raccontano per missiva le difficoltà dei viaggi della speranza verso un futuro migliore e per integrarsi nei Paesi di accoglienza e nelle culture diverse dalla propria. Un periplo che ha portato la cineasta spagnola, assieme all'equipe di Morada Films, in Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria, Austria, Germania, Francia, Spagna, Colombia, Somalia, Iraq, Etiopia, Eritrea e Bangladesh.  Leggi l'articolo completo su
Leggo.it