Bellomo, il "giudice delle minigonne". Dacia Mariani: "C'è stato abuso di potere"

Bellomo, il "giudice delle minigonne". Dacia Mariani: "C'è stato abuso di potere"
"Abuso di potere". «Il fatto che abbia successo non è una buona ragione per applicare dei metodi a dir poco strani e molto prepotenti, che riguardano un rapporto non corretto e non leale con le studentesse. C'è un abuso di potere, senza dubbio, da parte di quest'uomo. Che poi possa essere un maestro di successo non vuol dire nulla. Anche Weinstein era un produttore di grande successo. Questo non giustifica le prepotenze e i ricatti». Questo il commento sul caso dei corsi per aspiranti magistrati organizzati dal consigliere di Stato Francesco Bellomo, di Dacia Maraini, alle telecamere de La Vita in Diretta, il programma di Rai1 condotto da Francesca Fialdini e Marco Liorni. «Quello di cui si sta parlando non è un corteggiamento, sono dei ricatti: o fai così o io ti caccio», secondo la scrittrice, che sottolinea: «il ricatto è un crimine, qualcosa di orribile, che non si deve mai fare», conclude il comunicato. 



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ALTRE DENUNCE RAGAZZE GIUNTE A CONSIGLIO STATO Depositate motivazioni su destituzione, arrecato grave vulnus (ANSA) - ROMA, 11 GEN - Sono state depositate oggi le motivazioni sulla destituzione di Francesco Bellomo dal Consiglio di Stato, che da quanto emerge, giudicano adeguata la sanzione e ritengono che i comportamenti del magistrato abbiano arrecato un grave vulnus. Intanto si apprende che nelle ultime settimane sono giunte al Consiglio di Stato altre segnalazioni da parte di ragazze che hanno frequentato i corsi di Francesco Bellomo e che segnalano un quadro analogo a quello già emerso nelle altre denunce. Da quanto filtra, si tratta di sei, sette segnalazioni arrivate tutte dopo la fine di ottobre. Il 27 ottobre, infatti, dopo aver convocato e ascoltato Bellomo a seguito della prima denuncia pervenuta a fine 2016, il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa vota una prima volta la destituzione, su cui poi si sarebbe dovuta esprimere l'adunanza generale del Consiglio di Stato, passaggio conclusosi ieri con una conferma. Ed è proprio a fine ottobre che il caso Bellomo esplode sulla stampa, e si comincia a parlare della sua scuola per aspiranti magistrati «Diritto e scienza», di allieve sottoposte a molestie, obbligate a firmare un contratto che imponeva un dress code, giudicava i fidanzati o impediva di averne, tutto per guadagnare punti per il concorso da magistrato. A partire da quel momento diverse ragazze si sono fatte avanti e diverse nuove segnalazioni sono arrivate al Consiglio di Stato. Quello che raccontano, ripete uno schema ormai noto, che parte da un avvicinamento delle ragazze per poi trasformarsi in una forma di pressione psicologica e di controllo. L'arrivo di queste nuove denunce ha un peso in vista di un possibile ricorso al Tar da parte di Bellomo contro la destituzione. Se questi nuovi elementi non potranno entrare nel fascicolo del procedimento disciplinare che ora va a chiudersi, potrebbero però riemergere nel caso in cui Bellomo vincesse un ricorso, fosse reintegrato come magistrato e si aprisse una nuova procedura. Aspetti che il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Cpga) potrebbe anche iniziare a valutare già nella riunione di domani, quando voterà, a scrutinio segreto, la presa d'atto della destituzione: a quel punto, mancherà solo il decreto del Capo dello Stato per renderla esecutiva.



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Sono intanto state depositate le motivazioni che spiegano perché ieri l'adunanza generale si è espressa, praticamente all'unanimità (un solo voto contrario e pochi astenuti), a favore della destituzione. Il quadro accusatorio nei confronti di Bellomo, a quanto si apprende, è stato integralmente confermato e l'istruttoria condotta durante il procedimento disciplinare è stata giudicata adeguata, portando a una deliberazione sufficientemente motivata. Adeguata è stata ritenuta pure la sanzione vista la gravità dei comportamenti di Bellomo, che hanno generato un vulnus al prestigio dell'istituzione di appartenenza, ma soprattutto compromesso la fiducia e la considerazione di cui qualunque magistrato deve godere nel consesso sociale. E se è vero che le condotte contestate a Bellomo non riguardano il suo ruolo di magistrato, ma quello di docente e direttore scientifico della scuola, sono però state poste in essere anche grazie al prestigio e all'esperienza acquisiti come consigliere di Stato e per di più in un ambito formativo in cui proprio la figura di magistrato è la meta a cui guarda e aspira chi frequenta i corsi. Per questo le motivazioni sottolineano come l'attività nelle scuole, per altro autorizzata dall'organo di autogoverno della magistratura, si debba svolgere in modo da evitare qualsiasi lesione sia della reputazione del magistrato e dell'istituzione di appartenenza, sia di chi le frequenta, che ha il diritto di fruire dell'insegnamento senza alcun condizionamento. Quanto ai comportamenti di Bellomo, uno degli elementi che aveva portato a sua difesa, ossia che fosse falsa l'esistenza di clausole contrattuali per chi frequentava la scuola, ha trovato invece conferma nel fatto che Bellomo ha inserito quelle clausole nell'atto di citazione di una delle ragazze. A questo proposito, le motivazioni rilevano, sempre a quanto si apprende, come il magistrato abbia fatto un uso abnorme dei carabinieri, inviandoli a casa della ragazza il cui padre ha sporto denuncia a Piacenza, per notificare un atto di conciliazione e tentare di chiudere la vicenda; e segnalano anche l'uso improprio della rivista della scuola, con articoli che si presentavano come scritti giuridico-scientifici per poi entrare invece in aspetti della vita privata, e in alcuni casi intima, delle ragazze.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Gennaio 2018, 19:44
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