La Var funziona, ma servono grandi arbitri

La Var funziona, ma servono grandi arbitri
E pensare che le polemiche sembravano ridursi alla questione di genere: si dice il o la Var? Invece dopo sette partite di campionato l’esperimento Video Assistant Referee non ha affatto accontentato tutti. I numeri dicono: 33 rigori concessi, record assoluto per la serie A dopo 7 turni. «È come se gli arbitri si fossero liberati mentalmente dal timore di sbagliare», gongola l’ex arbitro Pieri. A referto, solo in tre partite il Var non ha corretto l’errore dell’arbitro ovvero in Genoa-Juventus (rigore ai rossoblù concesso nonostante un fuorigioco di partenza); in Fiorentina-Atalanta (non vista nemmeno dal Var la trattenuta in area di Spinazzola ai danni del viola Astori) e in Torino-Verona (convalidato il gol di Kean inizialmente annullato, giustamente, per fuorigioco).

Mancano però gli errori commessi a Var silente, vedi Roma-Inter (fallo da rigore su Perotti con Irrati in campo e Orsato davanti al video); o Bologna-Torino (gol buono annullato ai granata con Var neutralizzato dalla fretta dell’arbitro nel fischiare prima che la palla fosse entrata).





Quali sono le situazioni oggettive in cui può entrare in azione il Var? Perché non concedere due chiamate a partita alle squadre tipo tennis? Aggiustamenti ai quali si può lavorare. Ma c’è un problema che sembra difficilmente risolvibile: ci sono squadre abbonate al Var e altre che non lo hanno ancora visto. Fra le prime c’è la Juventus: in quasi tutte le partite dei bianconeri ci sono episodi-video. Il che denota il disagio degli arbitri nei confronti dei campioni d’Italia. Prendere una decisione pro o contro la Juventus pesa il doppio. Disegnare in aria il rettangolo del Var diventa un rito purificatorio a dire: «L’avete visto tutti eh?». È la “sudditanza psicologica 2.0” per sconfiggere la quale non c’è tecnologia che tenga: servono solo arbitri con la A maiuscola. Leggi l'articolo completo su
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