Negli anni, a chi gli ha sconsigliato sport troppo fisici, ha risposto praticandolo ad alto livello e gareggiando sui ring di tutta Italia; a chi gli ha suggerito di farsi accompagnare in automobile, ha mandato l'attestato di partecipazione al corso di moto su pista e ha guidato e corso tantissimo; ancora, a chi gli ha vietato le scariche di adrenalina eccessive, ha mostrato le foto dei suoi salti con il paracadute o con l'elastico, come quando si è lanciato dalla diga più alta d'Europa (200 metri nel vuoto). Una cosa pazzesca.
Da anni Mirko si è specializzato nell'allenare le giovani speranze italiane del kick boxing, dopo essere stato anche campione nazionale e aver partecipato ai Mondiali. Uno sport che non ha scelto per caso: «Mi ha insegnato l'autocontrollo, per tenere a bada i miei maledetti tic», racconta ancora l'atleta romano che è anche podista nelle gare di ultra maratona, cioè le più lunghe e le più difficili. Non si è fatto mancare nulla.
Mirko ha rinunciato alle terapie mediche a 18 anni, perché si sentiva spento. Grazie alla sua capacità di imporsi una ferrea disciplina, la vita è andata avanti comunque, tra allenamenti, record nello sport e lavori a contatto con il pubblico. A chi ha il suo stesso problema ricorda che ci sono sempre soluzioni: «Hai due opzioni quando nasci con una diversità come la mia. O stai a casa, ti chiudi, prendi i farmaci, vai in depressione. O fai la cosa più bella del mondo: vivi. Io ho scelto di vivere». Perfetto nella sua imperfezione.
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