Missione possibile per uno come il tecnico biancoceleste, abile a valorizzare i giovani talenti, ma che diventa settimana dopo settimana impossibile. Già in estate tutte le fragilità del brasiliano erano emerse, con il giocatore vittima di un’inaspettata saudade che lo aveva gettato nello sconforto. Una nostalgia assecondata dalla Lazio che, nonostante i capricci del giocatore (non si presentò in ritiro a luglio ed arrivò in ritiro ad Auronzo), gli diede il permesso di partecipare alle Olimpiadi nel suo Brasile. A Formello erano certi che quella esperienza lo avrebbe forgiato, lo avrebbe fatto crescere. Nonostante la medaglia d’oro conquistata Anderson è tornato a Roma quello di sempre: debole e senza personalità. Inzaghi crede in lui e nelle sue potenzialità, spera possa diventare il vero trascinatore della squadra: ha provato a stimolarlo cambiandogli posizione in campo, facendolo sentire importante, chiedendogli sacrifici tattici.
Domenica allo Stadium è rimasto deluso e non glie lo ha mandato a dire. Al termine della partita, dopo l’acceso confronto con tutta la squadra al quale ha chiesto più grinta, concetto ribadito anche davanti alle telecamere, ha avuto un faccia a faccia con Anderson al quale ha chiesto di tirare fuori il carattere. La sua storia calcistica parla per lui: in tre stagioni e mezzo con la maglia biancoceleste ha vissuto solo quattro mesi da fenomeno con Pioli da dicembre 2014 ad aprile 2015, uomo copertina con 11 gol e 10 assist. Numeri che consentirono alla Lazio di centrare i preliminari di Champions. Poi, il buio, la depressione e il solito rendimento a corrente alternata. Senza alternative valide e con un mercato che difficilmente regalerà sorprese, Inzaghi punterà ancora sul brasiliano che adesso dovrà dimostrare di valere i 50 milioni di euro offerti due estati fa dal Manchester United. Leggi l'articolo completo su
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