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Ghali parla della sua musica, del ruolo che questa ha avuto e ha nella sua vita: «Ho imparato a volermi bene, scrivo proprio perché mi voglio bene. Scrivo perché ho bisogno di questa terapia e mi voglio curare tutti i giorni. Se non mi volessi bene farei qualcos’altro, avrei seguito una strada più facile, avrei usato come giustificazione il mio passato per poter prendere scelte sbagliate. Proprio perché mi voglio bene ho deciso di fare altro, sarei potuto finire molto male».
Tra le domande, anche il rapporto con i fan più piccoli, i bambini, parte del pubblico del rapper. «Sento la responsabilità» di piacere ai bambini, ha spiegato. «Ci tengo a fare canzoni che i miei amici possano apprezzare ma che anche i bambini e i genitori possano apprezzare. Amo tantissimo la cosa di piacere ai bambini, perché sono puri, veri e riconoscono ciò che è bello. Quando un bambino è felice di vedermi e ascoltare la mia musica, per me è missione compiuta». Ed è una soddisfazione piacere anche ai loro genitori, una sorta di rivincita rispetto al periodo della sua adolescenza: «I genitori dei miei compagni di classe non volevano che loro uscissero con me. Sono sempre stato un esploratore, in qualche modo ero un trendsetter anche da piccolino, dall’orecchino al pantalone messo in un certo modo. Influenzavo tanto, i ragazzi tornavano a casa con nuove idee e questo spaventava i genitori. Con la musica ho voluto riconquistarli e penso che sia andata bene».
Infine il rapper ricorda anche i momenti meno facili e il ruolo prezioso di sua madre: «Ho avuto delle esperienze negative che mi hanno scottato nella fase adolescenziale: firmai per un’etichetta indipendente e le cose non andarono. Mi promisero tante belle cose, tornavo a casa dicendo: "mamma, che bello, l’anno prossimo smetti di lavorare". Avevo 17, 18 anni. Mia madre mi diceva "aspetta, calmati, sii serio". È come se lei avesse sempre saputo che non era quello il momento. Ci ha sempre creduto ma sapeva che quello non era il momento giusto”. Leggi l'articolo completo su
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