Ha appena avuto anche una nomination ai David di Donatello. Che effetto le fa?
«Mi ero dimenticato che ci fossero altri premi in questa stagione! E non mi aspettavo questa candidatura, anche perché in Italia a volte non si viene apprezzati come all'estero».
Nel documentario si vedono anche i momenti in cui Matteo Garrone la mette in difficoltà sul set...
«Sono le parti più belle. Il lavoro degli attori è complicarsi la vita, cercare continuamente».
Lei è romano d'adozione, quali sono i suoi luoghi del cuore?
«Roma è tutta bella, di questa città amo pure i sorci. All'estero si paga per tutto, qui ogni angolo è bello ed è tutto gratis. San Lorenzo, poi, è un quartiere che amo, con la sua dimensione strana tra partenze e arrivi, tra Termini e il Verano».
Vive ancora al Cinema Palazzo?
«Mi sto per trasferire, ma è un luogo che sostengo e continuerò a sostenere».
Nel documentario dice che la povertà non è triste.
«Lo penso davvero, quando sei povero puoi capire e valorizzare il poco che hai. Con papà, in baracca, facevamo pranzi per 12 persone con un cucinino da campeggio e si rideva un sacco».
Ha mai paura che il successo la cambi?
«No, perché anche prima, quando lavoravo dietro a un bancone, avevo una mia fama, nel mio quartiere mi conoscevano tutti».
Tra poco usciranno due film cui ha partecipato...
«Sì, in Vivere di Francesca Archibugi, sono un perito industriale solitario, e Via dall'Aspromonte di Mimmo Calopresti, in cui interpreto un poeta che invita i suoi paesani a mettersi in gioco».
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